ABUSI EDILIZI: LE OPERE SI COMPUTANO NELLE TABELLE
Ci si potrebbe a ragione attendere che l’abusività dell’intervento edilizio renda illecita ogni attività di utilizzazione sia delle opere realizzate, sia delle parti comuni a esse funzionalmente collegate: il condominio non potrebbe pretendere una maggiore partecipazione alle spese in relazione all’utilizzazione di opere illecite, ma potrebbe solo pretendere la rimozione di quelle opere e il risarcimento dei danni, compresi quelli derivanti dalla maggiore o diversa utilizzazione delle parti comuni conseguente all’abuso. Da diversi decenni, tuttavia, si ritiene che non sempre al proprietario danneggiato dall’opera abusiva altrui spetti un’azione diretta al ripristino della situazione conforme al diritto, ma che una tale azione spetti solo nel caso di violazione della disciplina sulle distanze. Negli altri casi, l’abuso edilizio genera solo un credito risarcitorio per i proprietari vicini (articolo 872 del Codice civile). Ferme restando la possibilità e l'opportunità di denunciare l'abuso alle autorità competenti e pretendere che queste si attivino per la repressione (Consiglio di Stato, 19 ottobre 2007, n. 5466), nei casi, come quello segnalato dal lettore, in cui non è riconosciuta ai condòmini la possibilità di pretendere la rimozione delle opere abusive, di quelle opere bisogna tener conto ai fini della ripartizione delle spese, come se si trattasse di opere lecite. Se, per qualsiasi causa, si dovesse procedere alla effettiva eliminazione dell’abuso, le tabelle millesimali dovranno essere riviste.
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