Addebito illegittimo al nuovo proprietario di spese del dante causa: la delibera è annullabile non nulla
La nullità radicale, alla luce della pronuncia a Sezioni unite 9839/2021, deve ritenersi residuale
Riguarda la nullità o annullabilità della delibera di approvazione del bilancio che addebita al nuovo proprietario spese di competenza del dante causa in violazione dell'articolo 63 disposizioni attuative Codice civile la pronuncia della Cassazione 20009 del 21 giugno 2022.
Il recente intervento della Cassazione sulla qualificazione dei vizi delle delibere assembleari, ed in particolare della qualificazione in termini di annullabilità di quelli che inficiano la delibera che abbia ripartito in concreto le spese in violazione dei criteri legali o convenzionali (sentenza Cassazione Sezioni unite 9839 del 14 aprile 2021) riapre la questione relativa alla forma di invalidità (nullità o annullabilità) della delibera di approvazione di un bilancio che attribuisca al nuovo proprietario spese di competenza del dante causa, in quanto maturate antecedentemente al biennio di solidarietà contributiva verso il condominio ex articolo 63 disposizioni attuative Codice civile, comma 4 (comma 2 ante riforma), oppure di natura personale (come spese legali di soccombenza liquidate dal giudice).
Le pronunce di merito sulla nullità
La questione era stata risolta nella giurisprudenza di merito a favore della nullità radicale delle relative delibere (da ultimo ad esempio rispettivamente Tribunale Roma, 15796 dell’ 11 ottobre 2021 e Tribunale Rieti 169 del 28 marzo 2022). Di contro, l'adesione all'impostazione delle Sezioni unite di cui alla richiamata sentenza 9838/2021 condurrebbe ad inevitabili diversi approdi, come dimostra l'ordinanza in commento della Cassazione.
I fatti di causa
Il caso in rassegna prendeva le mosse da un decreto ingiuntivo notificato dal condominio all'attuale condomina per somme inserite nei bilanci condominiali approvati dall'assemblea; decreto che l'ingiunta opponeva lamentando la competenza degli importi a debito esclusivamente in capo al suo dante causa. Nello specifico, si trattava di spese legali richieste dal legale del condominio in ragione di un decreto ingiuntivo ottenuto a carico del precedente condomino cessionario e che, inserite in un primo bilancio consuntivo, erano state riportate annualmente a debito nei riparti successivi sino al bilancio approvato posto a fondamento del decreto opposto.
La tesi difensiva dell'opponente condomina, disattesa dal Tribunale di Bergamo e dalla Corte territoriale di Brescia, era che fossero nulle la delibere di approvazione del consuntivo per violazione dell'articolo 63 disposizioni attuative Codice civile comma 2 ( ora comma 4) trattandosi tra l'altro di spese personali del dante causa e non di veri e propri contributi condominiali.La Corte territoriale rigettava l'opposizione ritenendo che la condomina fosse succeduta come condebitore solidale nella medesima posizione debitoria che il dante causa aveva verso il condominio. La Cassazione conferma il rigetto della domanda, seppure correggendone la motivazione.
Il ragionamento della Suprema corte
In primo luogo la Suprema corte evidenzia come occorra far riferimento, ai fini dell'applicazione dell'articolo 63 disposizioni attuative Codice civile, ovvero del principio della solidarietà passiva verso il condominio del nuovo proprietario con il dante causa, al momento in cui l'obbligo di partecipazione sia sorto giacché il limite della responsabilità solidale del biennio antecedente all'acquisto è operativo anche verso il condominio. La Corte ricorda poi i precedenti in tema di inserimento in bilancio di voci per spese legali individuali, in forza dei quali è affetta da nullità la delibera che ponga a totale carico di un singolo condomino le spese legali di una causa in difetto di sentenza che ne sancisca la soccombenza (Cassazione 3946/1994) mentre è stata reputata legittima la delibera che addebiti al condomino moroso le spese legali liquidate in un titolo giudiziale (Cassazione 751/2016).
Ciò nonostante, sebbene il debito in contestazione fosse antecedente al biennio della compravendita e si trattasse di spese legali richieste dal legale del condominio a prescindere da quelle liquidata nel titolo, la Suprema corte è costretta a riferire, che, avendo l'opponente lamentato un vizio della delibera per violazione dell'articolo 63 disposizioni attuative Codice civile, dedotto come criterio di ripartizione delle spese, l'invalidità contestata si traduce inevitabilmente, ai sensi della richiamata sentenza della Cassazione a sezioni unite 9839/2021, in un vizio di annullabilità e non nullità, con la conseguenza che la condomina avrebbe dovuto impugnare la delibera nel termine decadenziale dei trenta giorni previsto dall'articolo 1137 Codice civile e l'invalidità poteva essere sindacata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo per spese condominiali solo se dedotta in via d'azione con apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione.