Attività svolta dal legale del condominio: la mancanza di preventivo non rende inesigibile il credito
Quando è provata l’attività svolta, la prestazione va pagata con i parametri ministeriali indicati dal comma 6 del Dm 55/2014
Il Tribunale di Roma, con ordinanza depositata il 20 maggio 2022, si è pronunciato in merito al recupero del credito di un avvocato che, dopo aver espletato il suo mandato professionale in tre procedimenti per il cliente condominio, lamentava di essere stato soddisfatto solo parzialmente. Il professionista, pertanto, adiva innanzi il Tribunale romano, un condominio mediante ricorso ex articolo 14 Dlgs.
La vicenda
Come detto, il ricorrente allegava di aver svolto attività professionale, in favore del condominio resistente, in tre procedimenti civili, due dei quali instaurati innanzi al Giudice di pace di Roma ed il terzo, invece, innanzi il Tribunale capitolino. Il condominio, costituitosi in giudizio, si opponeva alla domanda del legale, assumendo che l'assemblea non avesse mai ratificato oppure affidato alcun incarico al professionista e che il mandato a quest'ultimo sarebbe stato conferito solo dall'ex amministratore. Eccepiva, inoltre, che nulla era dovuto all'avvocato, in quanto non risultava che il professionista avesse redatto preventivo e, secondo la ricostruzione del condominio resistente, l'avvocato non aveva nemmeno assolto all'onere di informativa del cliente.
Il Tribunale di Roma, in via preliminare, dichiarava la propria incompetenza funzionale, in relazione alle domande di compenso richieste per le attività svolte innanzi al Giudice di pace. Sul punto, infatti, affermava il principio che competente a giudicare sarebbe stato il Giudice di pace e che «l'articolo 14 del Dlgs 150 del 2011 configura, per le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato di cui all'articolo 28 della legge 13 giugno 1942 numero 794, una vera e propria competenza funzionale dell'ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l'avvocato ha prestato la propria opera» (Cassazione 548/2017).
Certa la prova del lavoro svolto
Venendo alla decisione in ordine alle competenze richieste dal legale, relativamente al procedimento ove lo stesso aveva svolto attività professionale nell'interesse del condominio e che era stato incardinato da un creditore del medesimo condominio (altro avvocato), mediante ricorso ex articolo 702 bis Codice procedura civile, il Tribunale di Roma, nell'ordinanza in esame, rilevava come dalla documentazione in atti, emergesse con chiarezza l'effettività delle prestazioni professionali rese dal professionista in favore del condominio. Il legale, infatti, aveva allegato email e plurime missive e verbali di assemblea da cui risultava l'effettuata attività informativa da parte del difensore nonché l'espressione di volontà assembleare in relazione al contenzioso svoltosi innanzi al Tribunale di Roma.
Inoltre, per il Tribunale, pronunciatosi in composizione collegiale, «la mancanza di preventivo non costituisce condizione di inesigibilità del credito professionale».Giova ricordare che l'avvocato deve rendere noto al cliente il livello della complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico (si evidenzia come per il Consiglio nazionale forense, l'avvocato potrà adempiere anche oralmente) ed, inoltre, deve comunicare in forma scritta a colui che conferisce l’incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale.
Comunicazione scritta del costo prevedibile
Sebbene, giova ricordarlo, l'articolo 13 del codice deontologico forense non parli di preventivo ma di comunicazione scritta del costo prevedibile della prestazione a colui che conferisce l'incarico (in questo caso l'amministratore di condominio), tanto che il Consiglio nazionale forense ha chiarito che la comunicazione vada effettuata dopo che l'incarico è stato accettato (o contestualmente).L'avvocato creditore esponeva, inoltre, che, in ogni caso, il mancato adempimento dell'obbligo di comunicazione in forma scritta avrebbe tutt'alpiù comportato l'applicazione del comma 6 del citato articolo 13. Dunque, anche in caso di violazione del comma 5 dell'articolo 13, la prestazione va pagata, con i parametri ministeriali indicati dal successivo comma 6 (Dm 55/2014).
Ciò in quanto la disposizione in esame (articolo 13 comma 5) non può essere qualificata quale “norma di validità” del contratto e, secondo la Cassazione, «la violazione delle norme di comportamento» (quale è da considerarsi il comma 5 dell'articolo 13) «tanto nella fase pre-negoziale quanto in quella attuativa del rapporto non incide sulla genesi dell'atto negoziale, quanto meno nel senso che non è idonea a provocarne la nullità».
Conclusioni
Infatti, i parametri dei compensi all'avvocato stabiliti dal Dm 55/2014 trovano applicazione, ai sensi dell'articolo 1 dello stesso, «quando all'atto dell'incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale degli stessi, comprese le ipotesi di liquidazione nonché di prestazione nell'interesse di terzi o prestazioni officiose previste dalla legge, ferma restando – anche in caso di determinazione contrattuale del compenso – la disciplina del rimborso spese di cui al successivo articolo 2» (Cassazione 9242/2018).
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di Luca Savi - coordinatore scientifico Unai Bergamo