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Caparre confirmatorie e penitenziali: le ultime sull'imposta di registro

di Stefano Baruzzi – Dottore commercialista

N. 1185

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Nonostante siano in vigore da moltissimi anni (l'attuale testo unico D.P.R. 131 è stato infatti emanato nell'ormai lontano 1986, ma l'apparato normativo che sorregge il tributo è ancor più risalente essendo stato introdotto all'indomani dell'unità d'Italia), molte disposizioni dell'imposta di registro sono tuttora di oscura interpretazione e complessa applicazione, nella farraginosità complessiva che caratterizza l'intero sistema di norme che la compone.

Ben vengano, quindi, nell'attesa di una semplificazione attesa almeno in parte con l'attuazione della riforma tributaria in corso, i contributi interpretativi della Corte di Cassazione che, come nel caso della sentenza n. 12398 del 7 maggio 2024, forniscono preziosi lumi ai moltissimi operatori costretti a fare i conti con questa imposta – e alla stessa Agenzia delle Entrate - sulle esatte modalità applicative del tributo.

Inquadramento civilistico

Tale tipologia di caparra (art. 1386 cod. civ.) – da non confondere con la più frequente (e familiare) caparra "confirmatoria" (art. 1385 cod. civ.) –, laddove prevista in contratto, ha la funzione di prestabilire fra le Parti quale sia il corrispettivo dell'eventuale recesso, nel senso che – qualora sia stata convenuta e quantificata nell'importo - il recedente, nell'eventualità in cui si avvalga di tale facoltà e quindi eserciti il diritto di recesso, perderà la caparra data o dovrà restituire ...