Condominio

Condominio tecnico: la legittimazione passiva dell'amministratore sugli abusi edilizi su parti comuni

Partendo dall'esame di un caso partico, analisi dei due orientamenti giurisprudenziali predominanti a confronto

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di Ivan Meo e Roberto Rizzo

Se non vi è dubbio che, ai sensi dell'articolo 34 del Testo unico dell'edilizia (Dpr 380/01), allorché sia accertato un abuso edilizio realizzato su parti di proprietà esclusiva, il susseguente ordine di demolizione debba essere notificato al proprietario o all'esecutore materiale dell'opera, ben più complessa è la problematica allorquando si verta in materia di costruzioni non assentite o difformi dal titolo, edificate su parti di proprietà comune.

In questa ipotesi, si pone all'attenzione dell'interprete la verifica della sussistenza (o meno) della legittimazione passiva dell'amministratore di condominio, ad essere il destinatario della notifica dell'eventuale ordine di demolizione.Al riguardo, infatti, sebbene la questione possa sembrare pacificamente definita in un senso determinato (che è quello che tale legittimazione esclude), vedremo, partendo dall'analisi di un caso concreto come, in realtà, sussistano opinioni giurisprudenziali differenti.

La vicenda processuale

Il Tar Sicilia, con la sentenza numero 3130 del 1° dicembre 2022 è ritornato sulla questione e, a seguito del ricorso proposto da un amministratore di condominio cui erano state notificate due distinte ordinanze dalla pubblica amministrazione procedente (con le quali, rispettivamente, gli si ordinava il pagamento di una sanzione pecuniaria nonché la demolizione delle opere ed il ripristino dello stato dei luoghi che, secondo il Comune resistente, erano stati illegittimamente modificati), ha annullato i provvedimenti impugnati.

Il ragionamento del giudice amministrativo si fonda sulla considerazione per la quale tanto l’ordinanza di ripristino, quanto quella relativa alla sanzione pecuniaria, non possono essere indirizzate all’amministratore del condominio, atteso che le parti comuni dell’edificio non sono di proprietà dell’ente di gestione complessivamente considerato e privo di autonoma personalità giuridica, ma dei singoli condòmini. A tanto consegue che la misura volta a colpire l’abuso realizzato sulle parti comuni dev'essere indirizzata esclusivamente nei confronti dei singoli appartenenti alla compagine condominiale, in quanto unici (com)proprietari delle stesse (Tar Lazio, sentenza 6276 del 18 maggio 2022; Tar Basilicata, sentenza 14 del 14 gennaio 2022).

La posizione della giurisprudenza dominante

La posizione appena esposta fa capo, indubbiamente, all'orientamento maggioritario della giurisprudenza amministrativa, la quale evidenzia come si debba escludere che il condominio possa essere considerato legittimato passivo di un ordine di demolizione, proprio in quanto mero ente di gestione di parti comuni, la cui reale titolarità è riferibile unicamente ai singoli condòmini proprietari (Tar Campania, sentenza 3005/2020; Tar Lombardia, sentenza 1764/19).L'ovvia conseguenza di tale impostazione è che il provvedimento demolitorio eventualmente notificato all'amministratore (come nel caso di specie), e non ai singoli condòmini, dev'essere senz'altro ritenuto illegittimo e, pertanto, annullato.Discorso chiuso, dunque e problemi interpretativi definitivamente risolti.

A quanto pare proprio no, in quanto esistono alcuni provvedimenti, sia di legittimità che amministrativi, che meritano un cenno ulteriore di approfondimento, in quanto espressione di un'idea contraria a quella che presuppone come indiscussa l'illegittimità dell'ordine di demolizione notificato al condominio, in persona dell'amministratore.

Le pronunce di segno contrario

Tale assunto, nonostante, come detto, sia, dai più, considerato pacifico e consolidato, è stato di recente smentito da un'interessante pronuncia di segno totalmente difforme: si tratta della sentenza 1207 resa dal Tar Campania il 28 febbraio 2022.Tale pronuncia, pur condividendo l'impostazione di fondo secondo la quale la proprietà dei beni in comunione non possa essere ricondotta al condominio, per effetto della mancanza di personalità giuridica dello stesso ed in virtù dell'assenza di una sua autonomia patrimoniale perfetta, ha esaminato la problematica oggetto d'indagine da un differente punto di vista.In particolare, il giudice campano ha orientato la propria decisione sulla base del dettato del secondo comma dell'articolo 1131 del Codice civile, secondo il quale l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio ed a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che abbiano il medesimo oggetto.

Ed allora, ha osservato il Collegio, se la legittimazione processuale passiva dell'amministratore non incontra, in tali ipotesi, limiti di sorta, né, ovviamente, richiede un'espressa e preventiva autorizzazione a stare in giudizio conferita appositamente dall'assemblea dei condòmini, se ne deve dedurre necessariamente che il destinatario dei provvedimenti dell'autorità amministrativa che sanzionano gli abusi edilizi relativi alle parti comuni, non può che essere l'amministratore di condominio.In questo senso, il Tar Campania richiama quanto stabilito, in maniera conforme, dalla Cassazione civile nella sentenza 12622 del 2010.

Il condominio custode dei beni comuni

Si ricava, infatti, dalla lettura della parte motiva di quest'ultima pronuncia che l'affermata legittimità della notifica all'amministratore dell'ordine di demolizione dell'abuso insistente su parti comuni si fonderebbe proprio sull'esigenza di facilitare l'evocazione in giudizio del condominio, quale custode dei beni comuni, di cui all'articolo 1117 del Codice civile, dei quali dev'essere garantita la conformità al dettato normativo, ancor di più quando siano in gioco interessi dal carattere segnatamente pubblicistico, come quelli sottesi al Testo unico dell'edilizia.

Nello stesso senso, si era già espresso in un importante precedente il Tar Campania, con la sentenza 7309 del 2011.Le considerazioni sin qui svolte evidenziano le difficoltà interpretative proprie della materia ed inducono a ritenere necessario un intervento ulteriore del nostro legislatore che, partendo proprio dalla definizione della questione relativa alla (configurabilità o meno della) personalità giuridica del condominio, possa porre rimedio alle lacune che, possiamo dirlo, tutt'ora presenta la Legge di riforma del condominio, la 220 del 2012.

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