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È possibile trasformare la veranda in cucina?

Secondo la giurisprudenza amministrativa, la trasformazione del balcone in veranda è una operazione che richiede il preventivo ottenimento di un titolo concessorio. Il caso in esame ha una peculiarità difficile da riscontrare in casi analoghi: parliamo della trasformazione di una veranda in cucina

di Donato Palombella


Facendo una passeggiata in città, è facile scorgere balconi chiusi con strutture di vario tipo. La trasformazione del balcone in veranda sembra essere una vera e propria passione degli italiani. In passato si ricorreva a strutture in legno e vetri, poi si è passati all'anticorodal e, in tempi più moderni, a strutture più performanti in PVC. Spesso queste strutture vengono realizzate per aumentare l'efficienza energetica dell'immobile, nel qual caso si parla delle c.d. serre solari o giardini d'inverno. Il più delle volte la famiglia cerca di "recuperare spazio" aumentando la superfice del proprio appartamento. Sta di fatto che, secondo la giurisprudenza amministrativa, la trasformazione del balcone in veranda è una operazione che richiede il preventivo ottenimento di un titolo concessorio. Il caso in esame ha una peculiarità difficile da riscontrare in casi analoghi: parliamo della trasformazione di una veranda in cucina.

Il comune contesta i lavori
Il Comune ordina al proprietario la demolizione, nei successivi 30 giorni, di una veranda di circa mq. 13, adibita a cucina presumibilmente realizzata in maniera abusiva. La proprietà presenta una SCIA in sanatoria che viene puntualmente respinta. A questo punto non rimane altra soluzione che impugnare l'ordinanza di demolizione ed il diniego della sanatoria dinanzi al Tar. Il proprietario si lamenta perché, a suo avviso, l'opera non avrebbe richiesto il permesso di costruire; contesta, inoltre, il termine assegnato per la demolizione, di soli 30 giorni e non dei prescritti 90 giorni.

Il parere del Tar
Il Tar (Catanzaro, Sez. II, sent. 15 ottobre 2019, n. 1686) ritenendo che la veranda abbia comportato un aumento plano-volumetrico e, quindi, la necessità del permesso di costruire, ritiene il ricorso manifestamente infondato. Decidendo con sentenza in forma semplificata, rigetta il ricorso condannando il cittadino alle spese di lite liquidate in euro 1.200 oltre accessori di legge.

I motivi dell'appello
La proprietà impugna la decisione del Tar con una vera e propria raffica di elementi.
L'opera, secondo i proprietari, aveva comportato l'installazione di un infisso a chiusura di un vano preesistente, senza realizzazione di opere murarie. Di conseguenza, il manufatto non avrebbe comportato alcuna modifica della superficie abitabile, dato che il vano, preesistente alle opere, sarebbe stato comunque utilizzato ed abitabile, anche a prescindere dalla chiusura con l'installazione dell'infisso. La sentenza di primo grado viene contestata nella parte in cui aveva sanzionato la realizzazione abusiva di una nuova opera comportante una variazione plano-volumetrica, circostanza non contestata dall'amministrazione.

Si tratta di una manutenzione straordinaria
Secondo la proprietà la mera installazione di un infisso avrebbe dovuto essere qualificata come un intervento di manutenzione straordinaria leggera riconducibile al regime della CILA. Di conseguenza, il manufatto non poteva essere assoggettato al regime (meno favorevole per il cittadino) del permesso di costruire. Di conseguenza, l'opera non poteva essere sanzionata con la demolizione ma, al massimo, con una sanzione pecuniaria.

La veranda non modifica la destinazione
L'opera non avrebbe nemmeno determinato un mutamento nella destinazione d'uso urbanisticamente rilevante. L'utilizzo dello spazio della veranda in vano cucina, secondo il "Piano Casa", non avrebbe potuto determinare un incremento della S.L.P. (superficie lorda di pavimento).

Il verdetto d'appello
Il Consiglio di Stato (Sez. VI, sent. del 9 febbraio 2021, n. 1210) ritiene l'appello infondato mentre la sanzione demolitoria inflitta dal comune risulta pienamente legittima.
La decisione merita un approfondimento. Il giudice d'appello rileva che, nell'atto di compravendita, l'appartamento risulta dotato di "veranda" spazio che non può essere equiparato ad un "vano". In proposito il Consiglio di Stato richiama il D.P.R. 1142/1949 che disciplina il catasto. L'art. 45 prevede che "Per la misura della consistenza dell'unità immobiliare con destinazione ordinaria ad uso di abitazione si assume come elemento unitario il vano utile. Si considera vano utile quello che ha destinazione principale (camera, stanza, salone, galleria e simili), nell'uso ordinario dell'unità immobiliare". La veranda, sarebbe disciplinata dal successivo art. 46 e rientrerebbe nella nozione di "vano accessorio", in quanto necessario al servizio o al disimpegno dei vani principali.

Vietato trasformare la veranda in cucina
Ora, se la veranda era preesistente, e quindi legittima, sembrerebbe che il Consiglio di Stato sanzioni la trasformazione della preesistente "veranda" in "cucina". Tale trasformazione avrebbe comportato un illegittimo mutamento nella destinazione d'uso del vano che, anche catastalmente, da vano accessorio sarebbe stato trasformato in vano utile.

Vietata anche la "chiusura"
Nel caso in esame abbiamo una preesistente veranda chiusa su tre lati che viene successivamente dotata di un infisso a chiusura del quarto lato e, quindi, trasformata in cucina. Tale opera, secondo la costante giurisprudenza, comporta una trasformazione dell'organismo edilizio in termini di sagoma, volume e superficie, che impone la previa acquisizione di un permesso di costruire (Cons. St., Sez. VI, 26 marzo 2018, n. 1

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