Gli scarichi del camino non possono invadere la proprietà del vicino
Chi supera la soglia massima di tollerabilità è tenuto a risarcire la parte danneggiata
L'articolo 844 del Codice civile vieta, tra le proprietà vicine, le immissioni dei fumi che superino la normale tollerabilità. Il tema è assai attuale nella nostra epoca in cui le necessità del risparmio energetico spingono i proprietari a utilizzare camini e stufe a pellet.
Il caso trattato e le pronunce di merito
Accertata l’illegittimità dei fumi emessi dai comignoli di un edificio poiché superavano i limiti tollerabili, il giudice di pace condannava il convenuto a cessare le immissioni nocive e a risarcire all’attore il danno subito. Sentenza confermata anche dal Tribunale che, qualificato il danno come esistenziale, condannava gli appellanti a pagare le spese di giudizio.
Il giudizio di rinvio
A seguito del ricorso degli interessati, gli ermellini cassavano la sentenza e rinviavano il giudizio al Tribunale, affermando il principio di diritto per cui, partendo dal presupposto che le immissioni avessero superato la soglia consentita, il giudice:
- non potesse risarcire il solo danno esistenziale, in assenza di adeguata prova sulla modifica delle abitudini di vita della persona danneggiata;
- dovesse precisare le ragioni della scelta della tutela del soggetto danneggiato;
- dovesse determinare le misure adottate in concreto, quando ritenga impossibile adoperarne di meno invasive;
- dovesse condannare il convenuto a cessare le immissioni.
Pr0nunciandosi come giudice del rinvio, il Tribunale emetteva una sentenza con cui compensava tra le parti le spese del giudizio e dichiarava non luogo a provvedere sulla cessazione delle immissioni, in quanto i convenuti avevano rimosso i camini sul tetto della loro casa e installato una stufa a pellet, soluzione ritenuta idonea dal Ctu per risolvere il problema. Gli attori ricorrevano, dunque, al giudice di legittimità e lamentavano che il Tribunale avrebbe dovuto liquidare il danno non patrimoniale o in via equitativa solo dopo aver effettuato una consulenza medico-legale con riferimento al pregiudizio alla salute. E non avrebbe potuto dichiarare cessata la materia del contendere senza aver accertato l'effettiva persistenza delle emissioni nocive anche con l'installazione della stufa a pellet.
La decisione della Cassazione
Con la sentenza 30300/2022 , la Suprema corte dichiarava inammissibile il ricorso e condannava i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio e di un ulteriore somma come contributo unificato. Secondo la Cassazione, il primo motivo del ricorso era inammissibile perché non indicava le norme di diritto sostanziale che si assumevano violate, né le affermazioni di diritto alle stesse contrastanti e contenute nella sentenza. La giurisprudenza (Cassazione, sezioni unite, sentenza 23745/2020) afferma che non può essere demandata al giudice di legittimità la ricerca esplorativa ufficiosa della norma violata o i punti della sentenza che si espongono in contrasto con la stessa. Non solo: a seguito dell'annullamento della pronuncia, l'enunciazione del principio di diritto della Cassazione vincolava il giudice del rinvio ai principi di diritto affermato dalla sentenza e ai presupposti di fatto della stessa (Cassazione, sentenza 10499/2016).
Il giudice del rinvio si è attenuto alle risultanze della Ctu e ha adeguatamente risposto alle deduzioni dell'appellante, secondo il suo prudente apprezzamento insindacabile dal Giudice di legittimità. La doglianza è inammissibile, poiché è un'istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del Giudice di merito, finalizzata a ottenere una nuova pronuncia sul fatto che è estranea al giudizio della Cassazione (Cassazione, sentenza 24148/2013). Infine, la rivalutazione delle spese è inammissibile perché censura una valutazione discrezionale del Giudice di merito insindacabile in legittimità, non risultando violato dal Giudice di rinvio il principio della soccombenza.