Condominio

Il diritto condominiale preso sul serio: l’invio della convocazione agli eredi con beneficio di inventario

La Suprema corte precisa che al chiamato che abbia accettato l’eredita non è più consentita alcuna rinuncia anche se ha accettato con beneficio d’inventario

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di Ettore Ditta

Spesso perfino dagli aspetti applicativi più ordinari dei rapporti condominiali derivano problematiche davvero imprevedibili. Uno di questi casi riguarda l’invio della convocazione in assemblea agli eredi di un condomino. Se l’erede o gli eredi del condomino si mettono in contatto con l’amministratore (sempre che il condominio lo abbia nominato), il problema si risolve facilmente: basta che venga comunicato il nominativo dell’erede o degli eredi e che venga indicato un recapito a cui trasmettere tutta la corrispondenza relativa alla gestione. Ma se manca questa semplice comunicazione, tutto diventa molto più complicato; e non capita raramente che l’amministratore venga a sapere del decesso di un condomino, ma che dopo nessuno degli interessati si preoccupi di comunicargli i dati degli eredi.

Di certo l’amministratore diligente prova a fare qualche indagine personale, soprattutto raccogliendo tutte le informazioni possibili dagli altri condòmini o da altre persone che ne sono a conoscenza. Ma l’amministratore non può neppure trasformarsi in un detective – anche se nella realtà spesso è proprio questo che succede – prendendo l’iniziativa di fare tutte le ricerche possibili. Le possibilità dell’amministratore sono assai limitate, infatti, nonostante l’articolo 1130, numero 6 del Codice civile attribuisca all’amministratore lo specifico compito di curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale.

I dati dell’anagrafe ed il suo aggiornamento

Il registro contiene le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell'edificio; ed inoltre la disposizione stabilisce che ogni variazione di questi dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni, e l'amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, deve richiedere con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Non solo: decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l'amministrazione acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili.

Nonostante questa dettagliata previsione normativa, può facilmente accadere che l’amministratore non riesca comunque ad ottenere le informazioni che gli sono necessarie; basti pensare infatti che, mentre un atto di compravendita diventa reperibile in tempi abbastanza limitati dopo la richiesta di trascrizione nei registri immobiliari, la trascrizione del trasferimento di un immobile a seguito di successione di solito richiede una attesa maggiore proprio a causa del fatto che preliminarmente si deve concludere la procedura di successione, la cui durata varia a seconda della tempestività degli eredi e anche dei beni contenuti nel patrimonio ereditario.

La convocazione assembleare se non ci sono eredi

E, allora, nella fase in cui non è stato ancora possibile reperire i dati degli eredi del condomino deceduto, come deve regolarsi l’amministratore per le comunicazioni relative alla gestione condominiale ed in particolare per quella che è la più importante di tutte, vale a dire la convocazione alle assemblee?In mancanza di specifiche disposizioni legislative in proposito, è toccato alla giurisprudenza di individuare le regole operative.Innanzitutto è stato deciso che nell’ipotesi di decesso di un condomino, ove l’avente causa non indichi e non dimostri all’amministratore del condominio la sua qualità di nuovo condomino, l’amministratore adempie l’obbligo della comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea mediante l’invio dell’avviso all’ultimo domicilio del condomino defunto, a nome di lui, e mediante la dimostrazione che l’avviso è stato ricevuto dalla persona addetta a quel domicilio (Cassazione sentenza 29 luglio 1978, n. 3798).

Nello stesso senso pure Tribunale di Nocera Inferiore sentenza 7 maggio 2003, n. 449, ha affermato che in caso di successione nella proprietà di un’unità condominiale, resta onere dell’avente causa dell’unità stessa assumere le iniziative per far conoscere (notificando o, almeno, comunicando) all’amministratore di essere il nuovo proprietario, spiegando che (beninteso, prima dell’inserimento del n. 6 nell’articolo 1130 del Codice civile per effetto della legge di riforma 220/2012) non aveva l’obbligo di verificare i registri immobiliari; e che di conseguenza si deve ritenere assolto l’obbligo di comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea, quando l’avviso stesso sia stato indirizzato dall’amministratore all’ultimo domicilio del condomino defunto, a nome di quest’ultimo e non ha rilevanza se poi la persona che ha ritirato la convocazione presso il domicilio del defunto non l’abbia fatta pervenire all’abitazione degli eredi.

Chi ritiene non necessario l’invio di alcun avviso

Altre decisioni successive invece hanno espresso un principio diverso, affermando che fino a quando gli eredi non gli manifestano la loro qualità, l’amministratore condominiale, nonostante sia a conoscenza dell’avvenuto decesso di un condomino, non è tenuto a inviare alcun avviso (né al condomino, né agli eredi impersonalmente presso l’ultimo domicilio), non avendo utili elementi di riferimento e non essendo obbligato ad effettuare alcuna particolare ricerca (Cassazione sentenza 22 marzo 2007, n. 6926).

È interessante osservare che nella motivazione di quest’ultima decisione, i giudici della Suprema corte hanno osservato che secondo un orientamento (espresso da Cassazione sentenza 17 aprile 1969, n. 1215), qualora gli eredi non dovessero rendersi attivi, è corretto, da parte dell’amministratore, indirizzare l’avviso di convocazione dell’assemblea «collettivamente ed impersonalmente» agli eredi nell’ultimo domicilio del defunto, anche se sia passato l’anno dal decesso, in applicazione analogica dell’articolo 303 del Codice di procedura civile, il quale rivelerebbe l’atteggiamento del legislatore di fronte alla morte del protagonista di un rapporto.

In senso contrario si può notare che la regola stabilita dall’articolo 303 – che prevede come destinatari delle notifiche, dopo il decesso della parte, gli eredi (qualora ignoti) «collettivamente ed impersonalmente» – non solo è coordinata al rilievo che i successori nel processo sono soltanto gli eredi (mentre nel condominio il successore può essere anche un legatario), ma, in quanto è preordinata alla regolarità della prosecuzione del giudizio del quale era parte il defunto, costituisce una norma speciale propria del diritto processuale, che non può essere ritenuta applicabile (oltretutto a pena di nullità) anche al di fuori del processo.

Cosa deve fare l’amministratore

Precisato tutto questo, i giudici della Suprema corte hanno menzionato l’altro orientamento (espresso dalla già citata Cassazione sentenza 3798/1978), secondo il quale – se si ammette che l’amministratore, per effetto del mancato rispetto dell’onere di indicazione e dimostrazione della propria qualità da parte del nuovo condomino, non può indirizzare a lui la comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea e, tuttavia, per rendere valida la costituzione dell’assemblea, deve mandare l’avviso a tutti i condòmini – l’antinomia può essere risolta soltanto ritenendo che l’amministratore adempie al suo obbligo svolgendo le due seguenti attività:
- inviando l’avviso all’ultimo domicilio, dove, come avviene per lo più, è verosimile che venga rinvenuto da qualcuno (successore o meno) che possa poi portare l’avviso a conoscenza degli interessati;
- e verificando l’avvenuta ricezione dell’avviso da parte di una persona addetta a quel domicilio, senza che rilevi anche il fatto che la persona che riceve l’avviso in effetti lo faccia pervenire all’abitazione degli eredi.

In proposito i giudici della Suprema corte hanno osservato che tuttavia, attraverso l’invio dell’avviso ad un condomino di cui è già noto il decesso, il problema della regolarità della convocazione dell’assemblea viene risolto ricorrendo ad una finzione ed inoltre la finzione si rivela comunque inutile (e quindi il problema non si può considerare neppure formalmente risolto) quando all’ultimo indirizzo del condomino defunto non vi sia chi possa materialmente ricevere l’avviso.Sulla base di queste considerazioni, con la sua sentenza 6926/2007, la Suprema corte ha concluso, come già detto, che è quindi preferibile concludere che l’amministratore informato del decesso di un condomino, non avendo utili elementi di riferimento e non avendo l’obbligo di fare alcuna particolare ricerca, non è neppure tenuto ad inviare l’avviso, fino a quando gli eredi non gli comunicano la loro qualità.

L’accettazione con beneficio di inventario

Il problema, che così viene risolto per il caso di successione ereditaria in generale, si ripresenta però nell’ipotesi particolare di accettazione di eredità con beneficio d’inventario.Innanzitutto bisogna ricordare che nel caso in cui un immobile in condominio faccia parte di un’eredità non ancora accettata, il chiamato è legittimato ad intervenire alle assemblee condominiali e nessuna incombenza diretta a provocare la nomina di un curatore dell’eredità giacente è configurabile in capo all’amministratore del condominio, che ha soltanto l’obbligo di convocare all’assemblea il curatore, qualora sia stato nominato e l’amministratore ne sia stato informato (Cassazione sentenza 14065/2005).

Riguardo invece all’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario è stato deciso – in un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo per pagamento di oneri condominiali, nel quale il giudice aveva ritenuto che non avesse alcun effetto la rinuncia all'eredità degli opponenti, in considerazione della precedente accettazione col conseguente acquisto della qualità di eredi e del subentro così nella titolarità delle obbligazioni relative al pagamento delle spese condominiali ai sensi dell’articolo 1123 del Codice civile – che la dichiarazione di accettare l'eredità, fatta in modo espresso o tacito, puramente e semplicemente o con beneficio d'inventario, costituisce un atto puro e irrevocabile e quindi un'eventuale successiva rinuncia all’eredità stessa si deve considerare radicalmente inefficace (Tribunale di Bologna sentenza 27 marzo 2018, n. 984).

Conclusioni

In motivazione il tribunale bolognese ha evidenziato che se pure gli eredi successivamente rinunciano all’eredità che è già stata accettata con beneficio di inventario, non si produce alcun effetto riguardo al credito del condominio. Infatti l’accettazione dell’eredità è un atto negoziale mediante il quale il chiamato fa propria l’eredità, che gli è conferita per legge o per testamento, attraverso una manifestazione unilaterale di volontà, espressa o tacita; e la dichiarazione di accettare l’eredità - fatta in modo espresso o tacito, puramente e semplicemente o con beneficio d’inventario - costituisce un atto puro e irrevocabile, per cui un’eventuale successiva rinuncia all’eredità stessa si deve considerare radicalmente inefficace, come ribadisce anche la Cassazione, con le sentenze 4373/1980 e 801/1972, secondo cui al chiamato che abbia accettato l’eredita non è più consentita alcuna rinuncia e tale effetto si verifica anche se l’accettazione sia stata fatta con beneficio d’inventario, perché questa modalità implica solo la riserva in virtù della quale la responsabilità per i debiti ereditari viene limitata entro il valore dei beni pervenuti dall’eredità.

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