Condominio

La carenza di autorizzazione assembleare a stare in giudizio dell’amministratore va avanzata in appello

Il difetto di legittimazione processuale, attenendo alla legittimità del contraddittorio, non può essere sollevato in Cassazione

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di Edoardo Valentino

Il caso oggetto del presente commento principia con la proposizione di un ricorso per decreto ingiuntivo da parte di un condominio avverso una società edile. Avverso tale decreto ingiuntivo proponeva opposizione la società, sostanzialmente affermando di avere svolto alcuni lavori per il condominio e chiedendo di porre in compensazione le somme ancora dovute con la richiesta monitoria dello stabile. Si costituiva in giudizio il condominio, contestando le difese della parte convenuta opposta e insistendo per la condanna della stessa.

La delibera autorizzativa
A seguito della costituzione in giudizio del palazzo, però, la società edile muoveva una valutazione di carattere processuale, affermando come, ai fini della partecipazione a giudizio, l'amministratore avrebbe dovuto ottenere una delibera condominiale autorizzativa prima della costituzione o, quanto meno, la convalida del suo operato successiva alla costituzione in giudizio.La carenza di tale autorizzazione, quindi, avrebbe dovuto comportare la soccombenza del condominio.Disattendendo tutte le argomentazioni della società, il Tribunale rigettava l'opposizione a decreto ingiuntivo e condannava la società al pagamento delle somme spettanti al condominio.

Alla luce della soccombenza, la società edile appellava la sentenza, concentrandosi però sulle eccezioni di merito e non riproponendo la questione procedurale relativa alla presunta assenza di autorizzazione a stare in giudizio dell'amministratore.All'esito del giudizio di riesame la Corte d'appello confermava l'esito del primo processo, condannando la società.

Il ricorso alla Suprema corte
La vicenda approdava quindi in Cassazione, sulla base di un ricorso fondato su due motivi di diritto depositati dalla società costruttrice. Secondo la ricorrente avrebbe errato il giudice nel valutare alcuni fatti del processo considerati dalla parte come decisivi per la decisione.L'errore nell'attività istruttoria, quindi, si sarebbe tradotto nella violazione dell'articolo 2697 del Codice Civile, che prevede che spetti all'attore fornire prova dei fatti che costituiscono l'oggetto della domanda.Secondo la società edile il condominio non aveva fornito adeguata prova dei fatti affermati, limitandosi ad una generica contestazione dell'operato della stessa ricorrente e il giudice avrebbe conseguentemente dovuto rigettare le domande dello stesso.

Quanto al secondo motivo, invece, la società riproponeva la questione inerente alla presunta mancanza di legittimazione dell'amministratore a stare in giudizio in nome e per conto del condominio essendo sprovvisto di relativa delibera condominiale.Con la sentenza 20847 del 21 luglio 2021, la terza sezione della Cassazione rigettava il ricorso proposto.Quanto al primo motivo, la Corte affermava l'infondatezza delle doglianze della parte ricorrente.Il condominio, infatti, non si sarebbe limitato a contestazioni generiche ed era proprio la società edile che, nel ricorso per Cassazione, aveva riportato solo alcune frasi degli scritti difensivi avversari estrapolate in modo da confermare la propria tesi.

La motivazione
La Cassazione, quindi, rigettava tale motivo nella convinzione della correttezza dell'operato della Corte d'appello sul punto.Quanto alla questione della carenza di legittimazione, la Corte sviluppava un ragionamento più complesso e degno di attenzione.Secondo la Cassazione, infatti, in linea di principio aveva ragione la società edile ad affermare il principio in ragione del quale per promuovere o per costituirsi in giudizio l'amministratore ha necessità di una deliberazione assembleare valida e conforme, non potendo in difetto considerarsi valida l'attività difensiva.Laddove per ragioni di tempistiche processuali non fosse possibile convocare una assemblea condominiale, allora è accettabile parimenti l'avallo successivo dei condomini.

Tale necessità deriva dalla mancanza di tale potere dal novero delle competenze dell'amministratore di condominio di cui all'articolo 1130 del Codice Civile.Nel caso in questione il condominio si era costituito senza menzione di alcuna delibera.La Cassazione, tuttavia, non aveva accolto la doglianza della società e anzi aveva dichiarato inammissibile il motivo di ricorso.Nel fare quanto sopra la Corte aveva citato un precedente arresto che pare utile richiamare: «il difetto di legittimazione processuale dell'amministratore di condominio, attenendo alla legittimità del contraddittorio, nonché alla validità della sua costituzione, determina la nullità degli atti processuali compiuti ed è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con l'unico limite del giudicato formatosi sul punto, se la relativa eccezione è stata disattesa dal primo giudice e non riproposta in appello» (Cassazione sezione III, 13 dicembre 2005, numero 27450).

Conclusioni
Nel caso in questione, quindi, la società aveva colto nel segno e correttamente identificato l'illegittimità della costituzione in giudizio del condominio.Tale eccezione era stata (non si comprende il motivo) rigettata dal Tribunale e la società non l'aveva riproposta in grado d'appello.Tale mancata riproposizione costituisce, processualmente, una rinuncia implicita alla domanda e per tale ragione, pur essendo fondata nel merito, la Cassazione non poteva che dichiarare inammissibile il motivo di ricorso.Con il rigetto di entrambi i motivi il ricorso veniva quindi integralmente respinto.

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