Locazione

La convalida dello sfratto per morosità non sostituisce il decreto ingiuntivo

Che quindi va sempre predisposto se si vogliono ottenere i canoni di locazione non pagati

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di Edoardo Valentino

In un processo per convalida di sfratto l'accoglimento della domanda principale ha valore di titolo esecutivo per il ricorrente unicamente per ottenere la restituzione dell'immobile locato, mentre per il recupero di eventuali canoni di locazione non pagati occorre la proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo. Unicamente quando questo decreto ingiuntivo, non opposto, diventasse definitivo esso avrà valore di titolo esecutivo per le somme ancora dovute. Questo il principio giuridico sottolineato dalla sentenza Cassazione, 23 aprile 2020, numero 8116.

I fatti e le pronunce di merito
La vicenda origina da un giudizio con il quale un soggetto, che era stato sfrattato dalla propria abitazione, agiva verso i proprietari per ottenere la restituzione di alcune somme a suo dire pagate in eccedenza in quanto non dovute per la determinazione del cosiddetto equo canone di cui alla legge 27 luglio 1978 numero 392. Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda attorea.

Il processo approdava alla Corte d'appello a seguito di impugnazione del primo giudizio e il secondo giudice, in riforma della prima decisione, sentenziava a favore dell'appellante riconoscendogli un risarcimento per il canone pagato in eccedenza nel corso degli anni.

I motivi del ricorso alla Suprema corte
La parte proprietaria presentava quindi ricorso alla Corte di Cassazione incentrato su due motivi: in prima battuta contestava l'operato della Corte d'appello nella misura in cui si sarebbe limitata a recepire le indicazioni del consulente tecnico d'ufficio, il quale aveva commesso alcune irregolarità nella stesura della propria perizia.

In seconda battuta, poi, il ricorrente contestava come la Corte non avesse tenuto conto dell'intervenuta preclusione da cosa giudicata su dette somme.Il processo di convalida di sfratto, a detta della parte ricorrente, aveva comportato la dichiarazione sia della necessità della liberazione dell'immobile, sia del fatto che fossero dovuti alcuni canoni arretrati.

Del tutto infondata, quindi, sarebbe stata la richiesta delle somme corrisposte in eccedenza da parte della locataria, in quanto domanda coperta da giudicato formale e sostanziale.

La decisione
Di diverso avviso risultava, però, la Cassazione, che con la sentenza in esame rigettava integralmente il ricorso. Sotto il primo punto di vista, riguardante l'utilizzo della consulenza tecnica d'ufficio da parte della Corte d'appello, la Cassazione affermava come questa osservazione era del tutto cristallizzata in quanto avente oggetto una questione di merito non giudicabile dal giudice di legittimità.

Quanto al secondo motivo di ricorso, invece, la Cassazione rigettava in toto il ragionamento del ricorrente. Dalla documentazione in atti, infatti, risultava sì l'ordinanza di convalida di sfratto, ma non era possibile trovare alcun decreto ingiuntivo per la condanna al pagamento delle somme ancora dovute. La questione, quindi, considerata l'assenza di un decreto ingiuntivo divenuto definitivo, non risultava essere coperta da giudicato.

A detta della Corte, infatti, «solo quando nel giudizio di convalida di sfratto per morosità sia stato proposto ricorso per ingiunzione di pagamento di canoni scaduti, il provvedimento destinato a concluderlo può assumere efficacia di cosa giudicata» e anche «l'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale su ogni questione di merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, nell'autonomia dei rispettivi diritti, né al locatore di istaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo del pagamento e la misura dei canoni» (così in Cassazione 11 luglio 2017 numero 17049 e Cassazione 24 luglio 2007 numero 16319).

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