Condominio

La recinzione esterna di un terreno comune non lede il diritto dei condòmini di fruire del bene senza limitazioni

Il divieto vale solo per l’interno perché, in quel caso, la delimitazione ne ostacolerebbe l’uso da parte degli altri residenti del palazzo

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di Ivana Consolo

Dirimere una controversia attraverso una corretta attività ermeneutica: è questa la peculiarità dell’ ordinanza civile 30109/2022 , emessa dalla Cassazione il 13 ottobre. Un provvedimento che pone fine ad anni di attività processuale confermando la corretta interpretazione della clausola di un regolamento di condominio.

I fatti di causa

La vicenda vede contrapporsi i condòmini di un complesso residenziale costituito da villette edificate su un terreno comune. L’oggetto del contendere è una delibera assembleare con cui la maggioranza semplice dei condòmini aveva deciso di procedere alla recinzione del terreno. Difatti, secondo i condòmini contrari, questa deliberazione si poneva in contrasto con il regolamento condominiale di natura contrattuale contenente la seguente clausola:«Sul terreno i comproprietari avranno libertà di accesso, restando comunque inteso che lo stesso non potrà in alcun modo essere recintato o frazionato» . Secondo la minoranza dei compartecipanti, la previsione regolamentare rendeva illegittima la delibera, da qui la decisione di convenire in giudizio i comproprietari che avevano votato favorevolmente, realizzando di fatto la recinzione dell’immobile.

Le pronunce di merito

In primo grado, la causa veniva decisa dal Tribunale di Lucca, che accoglieva la domanda degli attori e dichiarava nulla la delibera assembleare, in quanto incidente sul diritto individuale di ciascun condòmino di usare il bene comune libero da ogni forma di limitazione e/o costrizione. I condòmini soccombenti si determinavano quindi a ricorrere in appello, e la Corte territoriale adita dirimeva la controversia in via ermeneutica. In buona sostanza, secondo la Corte fiorentina, il divieto di frazionamento e recinzione contemplato dalla clausola non opererebbe verso l’esterno, bensì all’interno del terreno.

Per dirla in altri termini, ai condòmini si vuole garantire il diritto di poter liberamente fruire del terreno nella sua interezza ma non si vieta loro di delimitarne i confini esterni, e quindi proteggerlo da eventuali abusi di terzi. Sulla scorta di tale interpretazione, le ragioni degli appellanti venivano ritenute fondate e meritevoli di accoglimento. Facile intuire come la vicenda non si sia affatto chiusa qui.

I condòmini possono impugnare una misura che reputano sfavorevole

Dopo un’attenta disamina degli atti e dei fatti di causa, la Cassazione ha ritenuto di dover respingere ogni motivo di ricorso addotto dai condòmini della minoranza. E difatti, l’interpretazione che la Corte territoriale ha fornito della clausola del regolamento appare fin da subito pienamente condivisibile dagli ermellini, che respinge anche l’assunto secondo cui i condòmini non avrebbero potuto impugnare la sentenza di primo grado. Partiamo proprio da questo ultimo aspetto. Ebbene, secondo consolidato orientamento, il condominio è un ente di gestione sprovvisto di autonoma personalità giuridica e la circostanza che vi sia un amministratore dotato di rappresentanza legale non impedisce ai singoli condòmini di agire autonomamente per la tutela dei propri diritti, e dunque anche di agire per l’impugnazione di un provvedimento ad essi sfavorevole a cui l’amministratore presta acquiescenza. L’appello che ha condotto alla sentenza che si censura in sede di giudizio di legittimità era quindi assolutamente esperibile da coloro che lo hanno formalmente spiegato.

La Cassazione può contestare il merito solo in caso di gravi inosservanze

Quanto all’interpretazione del regolamento di condominio, la Cassazione ci tiene anzitutto ad evidenziare quanto segue: l’attività ermeneutica di atti negoziali è compito del giudice del merito, non del giudice di legittimità. In sede di legittimità, è possibile prendere posizione sull’interpretazione operata dal giudice di secondo grado solo se risulta che essa sia stata realizzata in maniera errata, ponendo cioè in essere gravi inosservanze o travisamenti delle regole ermeneutiche vigenti. Giammai la Cassazione può prendere posizione sull’attività ermeneutica svolta nei precedenti gradi di giudizio, men che meno qualora il ricorrente proponga un’interpretazione differente da quella dei giudici d’appello, pretendendo semplicemente di sostituire un’interpretazione ad un’altra, perché più confacente alle sue ragioni.

Ed in ogni caso, pur ponendo tali premesse, gli ermellini esprimono un giudizio sulle modalità con cui la Corte territoriale ha operato nel caso di specie e asseriscono che la logica e la lettera della clausola regolamentare contestata conducono esattamente nella direzione individuata dalla Corte fiorentina. Basti semplicemente pensare che, in altra parte del regolamento di condominio, si prevede la realizzazione di servitù di passo carrabile e pedonale, nonché di sciovia.

Il divieto di recinzione del terreno comune vale solo per l’interno

Una previsione che lascia chiaramente intendere come il divieto di recinzione e frazionamento del terreno comune dovesse valere necessariamente per l’interno, poiché solo una recinzione interna al terreno avrebbe potuto vanificare la fruizione delle servitù in parola da parte dei condòmini. Inoltre, sempre nel regolamento, si fa riferimento alla garanzia (in capo ai condòmini) di libertà di accesso e movimento nel terreno, libertà che possono essere compromesse solo da una recinzione interna, non certamente da una recinzione posta a delimitazione dei confini che, semmai, non fa altro che accrescere la salvaguardia dei diritti dei comproprietari.

Da ultimo, la Cassazione respinge anche le censure circa la maggioranza con cui si è deliberata la recinzione dei confini esterni. Difatti, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, non si è in presenza di una innovazione (che richiede maggioranze qualificate), bensì di un utilizzo in senso migliorativo del bene comune, avente la finalità di preservarlo dagli abusi dei terzi. La maggioranza semplice, che è quella con cui si è votata la delibera oggetto di contesa, è dunque legittimamente sufficiente.Come si può notare, nessuna delle argomentazioni addotte dalla minoranza dei condòmini viene ritenuta dotata di pregio dai giudici supremi, con la conseguenza che il ricorso viene tassativamente respinto.

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