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Limiti all'utilizzo dei beni comuni in condominio

Affrontare la tematica dell’utilizzo delle parti comuni in condominio significa prima di tutto riferirsi all’articolo 1102 cod. civ. Come noto l’articolo è norma dettata per la comunione, ma applicabile, per effetto dell’articolo 1139 cod. civ., anche al condominio. Analizziamo funditus la norma, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali prevalenti.

di Matteo Rezzonico – Avvocato

Affrontare la tematica dell'utilizzo delle parti comuni in condominio significa prima di tutto riferirsi all'articolo 1102 cod. civ. per il quale: "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in...

  • [1] Da Cass. sent. 24 febbraio 2004, n. 3640 può inferirsi che talvolta la Suprema Corte ha ritenuto necessaria – ai fini di decidere sull'uso legittimo del bene comune ai sensi dell'articolo 1102 cod. civ. – la sussistenza di ambedue i precetti indicati nell'articolo 1102. Si legge nella pronuncia n. 3640/2004: "L'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell'art. 1102 c.c., al duplice divieto di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto. Pertanto, deve ritenersi che la condotta del condomino, consistente nella stabile occupazione - mediante il parcheggio per lunghi periodi di tempo della propria autovettura - di una porzione del cortile comune, configuri un abuso, poiché impedisce agli altri condòmini di partecipare all'utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà". Fattispecie di un condominio in cui l'uso del bene comune da parte del partecipante è stato ritenuto illegittimo, avendo il condòmino parcheggiato il proprio veicolo su di una porzione specifica del cortile, manifestando la volontà di possedere in modo esclusivo il suddetto spazio.

  • [2] Si legge nella richiamata pronuncia della Cass., n. 476/1994: "non configura mutamento di destinazione il fatto che la strada comune venga adibita a vantaggio di altri fondi propri di uno dei compartecipanti. Una volta che la cosa comune viene usata jure proprietatis, la utilizzazione più intensa a vantaggio di un altro bene in proprietà esclusiva non suppone l'animus possidendi jure servitutis e, quindi, la possibilità di acquisto della servitù. Poiché la servitù raffigura un posterius rispetto al dominio, com'è dimostrato dalla regola nemini res sua servit, non sarebbe corretto escludere l'esercizio delle facoltà inerenti dominio solo perché l'esplicazione di questo verrebbe ad avere un contenuto simile a quello della servitù.,Orbene, il fatto che il passaggio su una strada comune, in origine destinata a servire alcuni, determinati fondi in proprietà esclusiva, venga effettuato da un comunista a vantaggio di altro fondo, a lui appartenente in proprietà esclusiva, di per sè non raffigura un godimento vietato, perché non si risolve nella modifica della destinazione, nè nell'impedimento dell'altrui pari diritto.,D'altra parte, essendo il transito effettuato jure proprietatis, il comunista non potrebbe mai accampare l'usucapione della servitù di passaggio".