Sì alla querela dei condòmini contro l’amministratore per appropriazione indebita
Ciascun condòmino è legittimato ad agire anche in via concorrente o eventualmente surrogatoria
La Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza 25019 dell'8 aprile 2022 pubblicata il 30 giugno 2022 ribadisce l'orientamento secondo cui ciascun condòmino è legittimato alla proposizione della querela, anche in via concorrente o eventualmente surrogatoria rispetto all’amministratore del condominio, per i reati commessi in danno del patrimonio comune (la fattispecie trattata era relativa all’appropriazione indebita, da parte dell’amministratore cessato dalla carica, del denaro versato dai condòmini per le spese comuni).
Il contrasto e gli orientamenti giurisprudenziali
A tal riguardo la premessa, per affrontare un simile argomento, è stata quella di ricorrere al latente contrasto giurisprudenziale sulla legittimazione a proporre querela in capo al singolo condòmino o, in alternativa, all’amministratore del condominio in ipotesi di illecito commesso in danno del patrimonio condominiale.Un primo orientamento riconosceva che, sebbene per la proposizione di una valida istanza di punizione da parte di un condominio di edifici (querela), occorresse la preventiva unanime manifestazione di volontà da parte dei condòmini volta a conferire all’amministratore l’incarico di perseguire penalmente un soggetto in ordine ad un fatto ritenuto lesivo del patrimonio comune, si finiva comunque per ammettere che la legittimazione alla tutela della proprietà privata appartenesse anche al singolo condòmino e, solo eccezionalmente, all’amministratore di condominio (in quest’ultimo caso, per unanimità di decisione dei condòmini) (tra le tante Cassazione penale 6/2000).
Tale conclusione veniva contrastata da un altro secondo orientamento, per cui si affermava – trattando un caso specifico relativo alla violazione di domicilio – che non poteva considerarsi valida la querela proposta dal singolo condòmino per un reato commesso in danno di parti comuni dell’edificio, in quanto il condominio è strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condòmini e l’espressione della volontà di presentare querela passa attraverso detto strumento di gestione collegiale. Ne consegue che la presentazione di una valida querela, da parte di un condominio, in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune dello stesso, presuppone uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea condominiale (Cassazione penale 6197/2010).
La riforma e la giurisprudenza civile
I successivi approdi della giurisprudenza civile di legittimità hanno poi consentito alla giurisprudenza penale di ritenere ampiamente superato il secondo orientamento, riconoscendo come la proposizione della querela possa avvenire non solo dall’amministratore (a ciò autorizzato dall’assemblea) ma anche da parte di più condòmini o anche del singolo condòmino (Cassazione, sezione 3, 49392 /2019, conforme 6594/2020).Le Sezioni unite civili, con la sentenza 19663/2014 hanno affermato che, anche a sèguito della riforma dell’istituto condominiale per effetto della legge 220/2012, era stata esclusa la personalità giuridica del condominio, pur ravvisandosi elementi che andavano nella direzione della progressiva configurabilità in capo allo stesso di una sia pur attenuata personalità giuridica, mentre i singoli avevano comunque diritto ad agire a difesa delle parti nella disponibilità esclusiva o comune, dovendosi distinguere le controversie relative alla titolarità dei beni comuni da quelle relative alla gestione, le prime di spettanza dei singoli condòmini, le seconde rientranti nelle prerogative dell’amministratore di condominio.
Più recentemente, le Sezioni unite civili, con la sentenza 10934/19, hanno stabilito che, respinta dalla riforma del 2012 la prospettiva di dare al condominio personalità giuridica con conseguenti diritti sui beni comuni, era la natura dei diritti contesi la ragione di fondo della sussistenza della facoltà dei singoli di affiancarsi o surrogarsi all’amministratore nella difesa in giudizio dei diritti vantati su tali beni, ribadendo che la ratio dei poteri processuali dei singoli condòmini risiedeva tuttavia nel carattere necessariamente autonomo del condomino di agire a tutela dei suoi diritti di comproprietario pro quota e di resistere alle azioni da altri promosse anche allorquando gli altri condòmini non intendevano agire o resistere in giudizio.
Alcuni fondamenti normativi
Tale approdo ermeneutico ha così condizionato la stessa giurisprudenza penale, che è stata in grado di rivisitare gli assunti precedentemente resi in ordine al potere del singolo condòmino di presentare una querela per la tutela del patrimonio comune facente capo al condominio.In effetti, si è rilevato come la nomina dell’amministratore non sia sempre necessaria (si pensi alle ipotesi in cui ci siano meno di nove condòmini dell'articolo 1129, comma 1, Codice civile). Ancora. Si è rilevato che la previsione dell’articolo 1117-quater Codice civile, in tema di tutela delle destinazioni d’uso, non solo non esclude, ma addirittura contempla il potere d’iniziativa dei singoli condòmini.
Il principio di diritto enunciato
Sulla scorta di tali presupposti – nella sentenza commentata- è stato così (ri)affermato il principio di diritto secondo cui: «Il singolo condòmino è legittimato, quanto meno in via concorrente o eventualmente surrogatoria con l’amministratore del condominio, alla presentazione di una valida querela, in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune del condominio».