Il condomino che demolisce un muro portante risarcisce i rinforzi strutturali eseguiti dal condominio
La condotta illecita aveva prodotto i suoi effetti anche molto tempo dopo il suo compimento mantenendo immutata la situazione lesiva
Il termine quinquennale della prescrizione risarcitoria inizia a decorrere dal momento in cui il danno si manifesta all'esterno divenendo oggettivamente percepibile e conoscibile. È responsabile il condomino che demolisce nel proprio immobile un muro portante arrecando danni alle parti comuni e pregiudicando la stabilità e sicurezza dell'edificio. Perciò va condannato a risarcire il danno al condominio consistito nelle spese sostenute per eseguire i rinforzi strutturali. Sono, questi, i princìpi resi dal Tribunale di Torino con sentenza 2703 pubblicata il 27 giugno 2023.
Inquadramento normativo del caso di specie
Le norme che orbitano attorno alla odierna vicenda processuale sono gli articoli 1102, 1117, 1120, 1122 nonché 2043 del Codice civile. L’abbattimento di un muro portante, incidendo sulla struttura essenziale della cosa comune e sulla precipua funzione, non rientra nell’àmbito delle facoltà dominicali concesse al condomino dall'articolo 1102 del Codice civile. Costituisce una innovazione soggetta all’articolo 1120 del Codice civile per il quale l'opera deve essere autorizzata dalla maggioranza qualificata dei condòmini (resta fermo il divieto di realizzare innovazioni che pregiudichino la stabilità e la sicurezza dello stabile, alterino il decoro architettonico o rendano alcune parti comuni inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino).
Secondo l'articolo 1117 del Codice civile, i muri portanti costituiscono parti comuni. L'articolo 1102 del Codice civile, nel sancire il diritto del condomino di servirsi del bene comune (purché non alteri la destinazione e non impedisca ai restanti partecipi di farne uso secondo il loro diritto) attribuisce la facoltà di apportare modifiche necessarie al suo miglioramento, giammai la facoltà di sopprimerla.Il rinnovellato articolo 1122 del Codice civile, richiamandosi al principio del neminem laedere, vieta la realizzazione di opere che possano danneggiare parti comuni dell’edificio e qualifica il pregiudizio con riguardo alla stabilità, sicurezza e decoro. L'articolo 2043 del Codice civile, infine, sancisce che nel caso in cui una persona provoca un danno dovrà risarcirlo. Il condomino risponderà perciò del danno causato al condominio e dovrà farsi carico delle conseguenze economiche. Il condominio potrà agire per chiedere il rimborso di quanto anticipato.
La vicenda processuale
Un condominio convenne in giudizio un condomino, proprietario di un locale al piano terraneo adibito a bar ristorante, per ottenere il rimborso delle spese sostenute per la messa in sicurezza statica e consolidamento dei muri maestri presenti in tale proprietà esclusiva. Ribadiva che tali manutenzioni si erano rese necessarie e imprescindibili a causa degli illegittimi lavori commissionati dal condomino molti anni addietro in occasione della ristrutturazione del proprio immobile. Opere consistite nella sostituzione di una porzione di muro portante con una coppia di travi in acciaio (peraltro eseguite in assenza di progetto strutturale).
L'ente condominiale asserì che, a séguito di tali interventi, iniziarono a manifestarsi isolati fenomeni di dissesto. Gli stessi si aggravarono nel tempo nei locali sovrastanti al convenuto. Pertanto, chiedeva al tribunale di accertare la responsabilità del convenuto per aver realizzato nel proprio locale - e mantenuto in un protratto arco temporale - opere in danno delle parti comuni e con pregiudizio alla stabilità e sicurezza dell'edificio. Conseguentemente, sentirlo condannare a risarcire il danno al condominio consistito nelle spese sostenute per eseguire i rinforzi strutturali. Il convenuto oppose preliminarmente l'intervenuta prescrizione dell'azione risarcitoria, chiese la rinnovazione della Ctu (o, in alternativa, l'integrazione della Ctu) e in subordine fissarsi udienza per consentire al tecnico d'ufficio di rendere chiarimenti.
L'infondatezza della eccezione di prescrizione
Il decidente torinese ha vagliato l'eccezione di prescrizione dell'azione risarcitoria spiegata dal convenuto. Quest'ultimo eccepì l'intervenuta prescrizione della domanda risarcitoria il cui termine prescrizionale quinquennale inizia a decorrere dal momento in cui il danno si manifesta all'esterno divenendo oggettivamente percepibile e conoscibile.L'eccezione, tuttavia, è stata ritenuta infondata.
Invero, il tribunale ha osservato che la giurisprudenza (Cassazione 4677/2023) ritiene che il termine prescrizionale della pretesa risarcitoria (mediante rimozione dello stato di fatto) non decorre dalla ultimazione dell'opera che lo ha determinato in quanto la condotta illecita si identifica nel mantenimento dello stato di fatto protrattosi ininterrottamente nel tempo, mentre il termine prescrizionale del diritto al risarcimento dei danni subiti dall'immobile in conseguenza della esistenza dello stato di fatto decorre in relazione a tali danni man mano che si verificano.
Il protrarsi della situazione lesiva
Nel caso di specie, la condotta illecita, costituita dalla rimozione del maschio murario presente nel locale di proprietà del convenuto, è conseguenza di un comportamento che, sebbene esaurito con la demolizione del muro portante, è perdurato in una dilatata temporalità mantenendo immutata la situazione lesiva. Essendo illecito permanente, il diritto al risarcimento del danno rivendicato dal condominio non era caduto in prescrizione. Ai fini della decorrenza del termine prescrizionale del diritto alla rifusione del danno, è ininfluente il momento attuativo dell'illecito. Assume, invece, rilevanza quello in cui si è concretamente verificato e rivelato il pregiudizio (addebitabilità a un soggetto della condotta illegittima dalla quale si origina il danno).
Al riguardo, il giudice ha evidenziato che la perizia redatta dal primo tecnico ha avuto il demerito di depistare il condominio impedendogli di acquisire conoscenza delle cause e di ascrivere i danni subiti. Responsabilità che dalla prima relazione vennero escluse per poi affiorare in quella successiva predisposta da altro tecnico.
Quest'ultimo concluse che l'intervento strutturale aveva determinato nel lungo periodo lesioni nelle sovrastanti strutture dello stabile. Ciò in conseguenza della inevitabile deformabilità degli elementi metallici sostitutivi del muro portante in ragione della azione di carico del sovrastante maschio murario. È soltanto con la seconda relazione tecnica che il condominio poté finalmente acquisire contezza delle cause dei dissesti e della conseguente addebitabilità. Per tali ragioni il giudicante ha ritenuto inaccoglibile l'eccezione di prescrizione ex articolo 2947 del Codice civile poiché il termine quinquennale non era spirato.
La decisione nel merito
Dalla Ctu è emerso che gli interventi ristrutturativi eseguiti nell'immobile del convenuto sono consistiti, tra l'altro, nella demolizione di un muro portante (di spessore pari a 50 cm e lunghezza di 280 cm). Il muro portante demolito è stato sostituito da una coppia di travi in acciaio e, quindi, con un intervento che all'atto della realizzazione era soggetto anche alla denuncia al Genio civile e al deposito del progetto strutturale (con le relative calcolazioni da eseguire con riguardo alle condizioni di sollecitazione) ai sensi della legge 1086/1971, articolo 4 (prescrizioni, queste, disattese dal committente ed appaltatore).La presenza di fessurazioni in alcune unità immobiliari aveva esortato il condominio ad investire un tecnico il quale concluse che i muri portanti erano in condizioni di perfetta tenuta e non presentavano deviazioni dalla verticale o spanciamenti.
Escludeva qualsiasi fenomeno di cedimento strutturale e attribuiva le lesioni (a suo dire di modica entità) agli interventi murari posti in essere da alcuni condòmini.Dopo l'esposto presentato dall'amministratore al Comune, venivano eseguiti accertamenti. Con ordinanza municipale veniva disposta la verifica delle condizioni statiche e del grado di conservazione delle strutture dell'edificio con presentazione di relazione con esiti e lavori a farsi per preservare la sicurezza statica e arginare i dissesti. La redazione della relazione tecnica, richiesta dalla ordinanza comunale, veniva affidata ad un secondo tecnico di fiducia del condominio il quale ritenne che le lesioni riscontrate nello stabile erano state causate dal graduale assestamento della struttura in séguito ai lavori eseguiti nella proprietà del convenuto (eliminazione del maschio murario al pianterreno previo inserimento di due profili metallici a sostegno della sovrastante muratura).
L’esito
Le conclusioni cui era pervenuto il tecnico del condominio sono state condivise dalla Ctu nella quale si è affermato, con particolare riguardo ai dissesti lamentati al primo piano, che la realizzazione al piano terraneo (sostituzione del muro portante con coppia di profilati metallici) aveva incrementato la deformabilità del solaio sovrastante con conseguente distacco rispetto alla tramezzatura interna e indotto una maggiore deformabilità del solaio ai carichi verticali.
Il Ctu ha considerato consono e adeguato l'intervento di rinforzo strutturale eseguito dal condominio in relazione al quale ha domandato il rimborso dei costi fronteggiati:
a) esecuzione opere di rinforzo strutturale e di finitura,
b) spese tecniche per rilievi, scia, progetto strutturale, direzione lavori e certificato di regolare esecuzione,
c) oneri edilizi (presentazione del mude),
d) oneri vari (costi dell'impresa di pulizie). In definitiva, il convenuto è stato condannato a rifondere al condominio il danno emergente (ex articolo 2043 del Codice civile) per la realizzazione dell'intervento di rinforzo alle strutture.
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