Condominio

Il regolamento condominiale e la presunzione di condominialità ex articolo 1117 Codice civile

L’esclusione di alcuni condòmini dall’utilizzo del bene comune deve risultare da un regolamento contrattuale o da decisione unanime dell’assemblea dei condòmini

di Paola Criscione

Con la sentenza 21440/2022 del 6 luglio 2022, la seconda sezione della Cassazione ha escluso che il regolamento condominiale cosiddetto convenzionale possa validamente derogare alla presunzione di contitolarità delle parti comuni di un condominio e individuato i requisiti formali del “titolo contrario” agli effetti dell'articolo 1117 Codice civile.

Il caso e il principio di diritto enunciato dalla Corte

La pronuncia in commento trae origine dalla controversia insorta tra alcuni condòmini e l'ente condominiale circa la validità della delibera con la quale, sulla scorta della clausola contenuta nel regolamento condominiale con cui era stato stabilito che una parte del lastrico solare non fosse bene comune anche ai titolari degli immobili adibiti a negozi, aveva escluso tali ultimi condòmini dalla ripartizione degli utili derivati dalla concessione a terzi del predetto lastrico solare.La posizione assunta dal condominio muove dalla considerazione che il regolamento condominiale possa costituire idoneo titolo contrario agli effetti dell'articolo 1117 Codice civile e che, pertanto, la delibera di approvazione del «consuntivo condominio 2006» e del «preventivo condominio 2007» correttamente aveva escluso dalla distribuzione degli utili i proprietari delle unità immobiliari rispetto alle quali il bene cui quegli utili erano riferibili, per espressa previsione del regolamento condominiale, non era accessorio o funzionale.

Nella tesi del condominio, dunque, l'esclusione del predetto bene da quelli “comuni” anche ai locali adibiti a negozio contenuta nel regolamento di condominio, aveva impedito il trasferimento dei diritti sul lastrico in favore degli acquirenti di tali locali.La Corte, nel rigettare il ricorso, ha, invece, precisato che il contenuto proprio del regolamento condominiale è quello previsto dall'articolo 1138 Codice civile e che, pertanto, esso può disciplinare la gestione e il godimento delle parti comuni, ma, in linea di principio, non è idoneo a derogare alla presunzione di comunione posta dall'articolo 1117, salvo che lo stesso contenga l'espressa e inequivoca volontà negoziale di tutti i condòmini in tal senso.

Il valore delle previsioni del regolamento

In particolare, la Corte ha affermato il seguente principio di diritto: «in tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, come i lastrici solari, emergente dall'articolo 1117 Codice civile ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell'atto costitutivo del condominio, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l'alienazione del diritto di condominio, non rilevando a tal fine quanto stabilito nel regolamento condominiale, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d'acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condòmini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condòmini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni» (Cassazione 5125/1993; Cassazione 5633/2002; Cassazione 8012/2012; Cassazione 23001/2019)».

Il quadro normativo e giurisprudenziale

L'articolo 1117 Codice civile individua i beni che sono oggetto di proprietà comune, in particolare distinguendo: le parti inerenti alla struttura dell'edificio (suolo, fondazioni, muri maestri, tetti, scale, portoni d'ingresso) e in genere «tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune»; i locali destinati ai servizi in comune (locali per la portineria, per la lavanderia); le opere, le installazioni e i manufatti destinati all'uso e al godimento comune (ascensori, pozzi, cisterne, impianti gas).

Sulla scorta di tale elencazione possono considerarsi rientranti nella prima categoria tutti i cosiddetti beni comuni necessari per l'esistenza stessa dell'edificio condominiale o permanentemente destinati all'uso comune, incluse espressamente in tale categoria le aree destinate a parcheggio; nella seconda categoria, tutti i cosiddetti beni comuni di pertinenza, ove sono ricompresi tutti i locali destinati ai servizi comuni; nella terza e ultima categoria, infine, i cosiddetti beni comuni accessori, ovvero le opere, le installazioni e i manufatti che servono all'uso e al godimento comune (Tribunale Salerno sezione 1128/2022). L'elencazione contenuta nella norma è meramente esemplificativa, donde si presumono comuni tutti quei beni che, ancorché non menzionati dalla disposizione, risultino strutturalmente e funzionalmente destinati a servire tutte le unità immobiliari facenti parte del condominio (Cassazione 23316/2020 sulla natura di bene comune del cortile condominiale anche quando ad esso si acceda unicamente dalla proprietà esclusiva di un condomino).

Il lastrico solare

Il lastrico, oggetto in particolare della pronuncia in commento, è espressamente annoverato tra «le parti dell'edificio necessarie all'uso comune»; ciò in considerazione della funzione di copertura e di protezione che lo stesso svolge nei confronti degli immobili del plesso condominiale e a prescindere dall'uso effettivo da parte dei singoli condòmini.La norma fa, nondimeno, salva la presenza di una previsione di segno contrario contenuta nel “titolo”.La prassi applicativa ha evidenziato nel tempo l'emersione di letture della disposizione atte a ricomprendere tra i titoli idonei a derogare alla presunzione di condominialità posta dall'articolo 1117 Codice civile anche il regolamento condominiale approvato dai condòmini a maggioranza.

La pronuncia in commento, invece, in linea con la prevalente giurisprudenza di legittimità, muovendo dalla lettura dell'articolo 1117 come norma funzionale a delineare il peculiare contenuto del diritto di proprietà sugli immobili in condominio, ha precisato che la presunzione di condominialità dei beni astrattamente riconducibili alla previsione normativa può essere superata solo mediante un atto avente forma scritta idoneo ad incidere sul contenuto del diritto di proprietà.L'esclusione di alcune unità immobiliari dalla comproprietà di beni presuntivamente comuni può, dunque, esclusivamente evincersi dal titolo costitutivo del condominio, ovverosia dall' «atto di frazionamento dell'iniziale unica proprietà, da cui si generò la situazione di condominio edilizio».

Il regolamento allegato all’atto costitutivo

Il regolamento di condominio può produrre tale effetto e, quindi, modificare il contenuto del diritto dominicale dei proprietari delle singole unità immobiliari - che, senza bisogno di specifica indicazione, è destinato ad estendersi ai beni che, per espressa previsione normativa o per la loro strutturale destinazione, sono qualificabili come beni comuni - solo quando sia allegato all'atto costitutivo e in esso richiamato in modo da esserne parte integrante ovvero quando, ancorché atto autonomo, esso sia qualificabile come «espressione di autonomia negoziale» e cioè sia «approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condòmini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condòmini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni» (Cassazione 5125/1993; Cassazione 8012/2012).

Qualora il regolamento condominiale non abbia un contenuto limitato a quanto prescritto dall'articolo 1138, comma 1, Codice civile (uso delle cose comuni, criteri di ripartizione delle spese e dell'amministrazione) ma contenga l'espressa volontà negoziale di tutti i condòmini di regolare, in difformità rispetto a quanto risultante dall'articolo 1117 Codice civile, i diritti e gli obblighi connessi a determinate parti comuni, si parla in dottrina e giurisprudenza di regolamento condominiale contrattuale.In particolare, si è affermato che «il comma 4 dell'articolo 1138 Codice civile contiene due diverse norme, di cui una generica e l'altra specifica. La prima esclude che i regolamenti condominiali possano menomare i diritti spettanti a ciascun condomino in base agli atti di acquisto o alle convenzioni. La seconda dichiara inderogabili» alcune specifiche disposizioni del Codice.

Il regolamento contrattuale

La prima di tali norme riguarda, dunque, «i principi relativi alla posizione del condominio rispetto ai diritti dei condòmini sulle parti comuni e sui beni di proprietà individuale e la disciplina di tali diritti, se non è modificabile da un regolamento comune, deliberato a maggioranza, può, tuttavia, essere validamente derogata da un regolamento contrattuale. La seconda norma, viceversa, concernendo le disposizioni relative alla dinamica dell'amministrazione e della gestione condominiale, sancisce una inderogabilità assoluta, sicché la relativa disciplina non può subire modifiche neppure in base a regolamenti contrattuali o ad altre convenzioni intercorse fra le parti» (Cassazione 2155/1966, in Foro italiano, 1967, I, 58; Antonio Scarpa, Immobili e proprietà, 2019, 8-9, 499 «Le norme inderogabili ed il regolamento di condominio cosiddetto “contrattuale”).

Si è ancora affermato, in linea con l'impostazione fatta propria dalla pronuncia in commento, che, a fronte della presunzione di comunione condominiale dei beni di cui all'articolo 1117 Codice civile, la prova della proprietà esclusiva in capo ad un soggetto diverso «non può essere data dalla clausola del regolamento condominiale che non menzioni detto bene tra le parti comuni dell'edificio, non costituendo tale atto un titolo idoneo a dimostrare la proprietà esclusiva del bene e quindi la sua sottrazione al regime della proprietà condominiale» (Cassazione 17928/2007).

Il regolamento non è un titolo di proprietà

Il regolamento di condominio, infatti, non costituisce un titolo di proprietà, ma ha la funzione di disciplinare l'uso della cosa comune e la ripartizione delle spese (Cassazione 13262/2021; si vedano, tra le pronunce di merito, Tribunale Salerno sezione I, 01 aprile 2022, numero 1128, Tribunale Monza sezione II, 25 maggio 2022, numero 1193).La deroga alla presunzione dell'articolo 1117 Codice civile inserita all'interno del regolamento condominiale è, dunque, efficace solo qualora il predetto regolamento sia stato predisposto dall'originario unico proprietario del bene e sia allegato all'atto costitutivo del condominio, ovvero qualora, dopo la costituzione del condominio, tutti i condòmini manifestino la volontà di escludere alcuni beni dalla comunione, limitando i diritti e i connessi obblighi su quei beni.

Pertanto, la delibera condominiale che, sulla scorta della esclusione o limitazione delle facoltà proprietarie di uno o più condòmini su parti presuntivamente comuni prevista nel regolamento condominiale che non abbia le caratteristiche appena evidenziate, escluda i predetti condòmini dalla ripartizione degli utili derivanti dalla concessione a terzi di quelle parti è nulla.

L’installazione di un ripetitore sul lastrico

In relazione alla fattispecie posta all'esame della Corte, va inoltre evidenziato che, come di recente chiarito anche dalle Sezioni unite della Cassazione, il contratto finalizzato all'installazione di un ripetitore sul lastrico solare condominiale (qualificato come «contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale», Cassazione 8434/2020), ove abbia durata ultranovennale, va approvato all'unanimità dai condomini.

Tale conclusione, oltre a confermare la “forza” della presunzione legislativa di condominialità del lastrico solare, suggerisce la necessità di verificare in maniera rigorosa la ricorrenza dei presupposti per la deroga all'articolo 1117 , come delineati compiutamente dalla pronuncia in commento, anche al momento della stipulazione dei contratti che riguardino beni rientranti nella previsione normativa, atteso che la pretermissione di alcuni condòmini, ove fondata su atti che non abbiano le caratteristiche di cui sopra, potrebbe inficiarne la validità.

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