Condominio

L'amministratore condominiale resiste in giudizio anche con una delibera successiva dell'assemblea

Quest’ultima sana retroattivamente la costituzione processuale dell'amministratore sprovvisto dell'autorizzazione

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di Giulio Benedetti


Un condòmino cadeva su una lastra di ghiaccio posta in un'area condominiale e il Tribunale , riconosciuto il concorso di colpa nella misura del 50 %, condannava il condominio al risarcimento del danno , compensando per metà le spese processuali. La Corte di appello confermava la sentenza e liquidava al condomino un'ulteriore quota di risarcimento a titolo di personalizzazione del danno da invalidità permanente. Il condòmino ricorreva al giudice di legittimità , lamentando l'ingiustizia della sentenza , perché l'amministratore era carente di legittimazione a resistere , in assenza di un'autorizzazione assembleare, e sulla modalità ed entità di liquidazione del danno.

La sentenza di legittimità

La Cassazione (ordinanza 3018/2023) rigettava il ricorso sulla base dei seguenti argomenti:
- la questione non attiene alla legittimazione passiva dell'amministratore, ma alla sua capacità processuale, ovvero al potere di rappresentare il condominio in giudizio. L'amministratore del condominio (Cassazione sentenza 18331/2010) può essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, ma in tale caso deve comunicare subito la citazione all'assemblea e del provvedimento che esorbita ai suoi poteri, ex articolo 1131 Codice civile, e può costituirsi in giudizio, ma deve in tale caso ottenere la ratifica del suo operato dall'assemblea, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione o di impugnazione;
- la ratifica assembleare sana retroattivamente la costituzione processuale dell'amministratore sprovvisto dell'autorizzazione e tale fatto vanifica l'eccezione di inammissibilità o se l'amministratore ottempera al rilievo ufficioso del giudice che abbia assegnato un termine, ai sensi dell'articolo 182 Codice procedura civile, per regolarizzare il difetto di rappresentanza;
- nel caso trattato l'amministratore, a seguito dell'eccezione di carenza di legittimazione, produceva il verbale dell'assemblea condominiale con cui l'assemblea ratificava la costituzione in giudizio del proprio amministratore e in tale caso sanava dall'inizio il suo operato processuale;
- la custodia giuridica, che fonda la responsabilità ex articolo 2051 Codice civile, trova il suo fondamento giuridico in senso oggettivo e prescinde dalla verifica del diligente adempimento dei compiti di manutenzione o di custodia del bene. Pertanto la pretesa risarcitoria nei confronti del condominio non rientra nelle attribuzioni dell'amministratore, anche perché il professionista potrebbe trovarsi in conflitto di competenza con il condominio , in quanto soggetto possibile destinatario di un'azione di rivalsa sul fondamento contrattuale per l’inadempimento degli obblighi della manutenzione della cosa comune , rilevanti sul piano interno dei rapporti tra il condominio e l'amministratore (Cassazione sentenza 17983/2014;
- la valutazione equitativa del danno è subordinata alla dimostrata esistenza di un danno risarcibile certo e non solo meramente eventuale o ipotetico e alla circostanza dell'impossibilità o dell'estrema difficoltà di prova nel suo preciso ammontare;
- è inammissibile l'affermazione dell'indimostrabilità del danno in quanto il danneggiato esercita la professione forense e sarebbe determinabile attraverso la sola prova della riduzione della capacità specifica del lavoro.

Conclusioni

Invero il Tribunale ha liquidato il danno facendo applicazione di tabelle che richiamano quelle predisposte dal Tribunale di Milano sulla base delle due sentenze della Sezioni unite dell’ 11 novembre 2008. Ne consegue che la liquidazione del danno morale doveva ritenersi già compresa nel valore monetario indicato nella tabella applicata (Cassazione sentenza 25164/2020). Si ritiene siano corrette le sentenze di merito che hanno fissato la decorrenza degli interessi legali decorrenti dalla data della sentenza di primo grado, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione sentenza 7155/2017).

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