Condominio

Modalità di esercizio della servitù: il giudice non può pronunciarsi oltre la domanda delle parti

Nel caso in esame non era messa in discussione l’esistenza della servitù

di Edoardo Valentino

Il giudizio di merito principiava con la domanda giudiziale di una proprietaria che chiedeva il rispetto del proprio diritto di passaggio sul fondo del vicino. Da molto tempo, infatti, era solita transitare sul terreno del proprietario confinante al fine di raggiungere la propria particella di terreno. Solo nell'ultimo periodo il vicino aveva reso impossibile il passaggio con atti emulativi consistenti nell'apposizione di materiale e nella costruzione di manufatti utili ad impedire il passaggio dell'attrice.

I fatti e le pronuncia di primo grado
In particolare il convenuto non aveva completamente ostruito il passaggio alla vicina di casa, ma aveva limitato l'ampiezza della strada di modo da consentire il solo passaggio a piedi ed impedire il passaggio con autoveicoli, che era invece lo scopo prefissato dalla controparte. La proprietaria, quindi, agiva in giudizio per ottenere la rimozione del materiale dalla strada di passaggio, ripristinando l'originaria ampiezza della strada di metri 2,50 e il ritorno al passaggio con autoveicoli.

Si costituiva in giudizio il convenuto chiedendo il rigetto della domanda e facendo osservare come non si fosse mai opposto al passaggio dell'attrice, ma si era limitato a impedire il passaggio con autoveicoli che era – a suo dire – del tutto impossibile. Il Tribunale, al termine del processo, accoglieva la domanda attorea e ripristinava il diritto di passaggio nella sua ampiezza di metri 2,50 a favore del fondo attoreo e a carico del fondo servente del convenuto, esercitabile sia a piedi che con mezzi meccanici.

La decisione del riesame
Contro la decisione proponevano appello gli eredi del deceduto convenuto, contestando la ricostruzione operata dal giudice. La Corte d'appello, in riforma della precedente sentenza, rigettava le argomentazioni della parte appellata e rigettava la domanda proposta dalla stessa in primo grado.

I giudici del riesame, infatti, affermavano come la proprietaria avesse agito per «il riconoscimento e la tutela di una servitù, senza allegare il titolo costitutivo, non fornendo al riguardo alcuna indicazione chiara, limitandosi a sostenere che essa esisteva da tempo immemorabile e che veniva esercitata anche con automobili e mezzi meccanici di vario tipo». A detta della Corte, quindi, la domanda della proprietaria non sarebbe stata adeguatamente provata, a nulla servendo le parziali ammissioni del proprietario del fondo servente.

Le ragioni del ricorso alla Suprema corte
Agiva quindi in Cassazione la proprietaria, censurando le predette argomentazioni della Corte d'appello. Il ricorso era fondamentalmente incentrato su due ragioni di diritto: in prima battuta la ricorrente affermava come la Corte d'appello non avesse correttamente inquadrato il tema del giudizio, dato che i resistenti non avevano mai messo in discussione, in primo grado o in appello, l'esistenza del diritto di passaggio invocato, contestandone al massimo l'ampiezza. Nel corso del giudizio di primo grado il convenuto aveva addirittura ammesso l'esistenza di un diritto di passaggio, contestando la circostanza che questo fosse esercitabile con mezzi meccanici piuttosto che a piedi.

In secondo luogo, il ricorso in Cassazione era motivato sulla violazione del principio di corrispondenza tra il “chiesto e il pronunciato” in ragione del quale il giudice del processo civile deve pronunciarsi solo sulle domande delle parti e non oltre le stesse.La contestazione della parte convenuta, infatti, era inerente solo alle modalità di esercizio del diritto di passaggio e non anche sull'esistenza dello stesso.Conseguentemente, avrebbe errato la Corte d'appello nel pronunciarsi oltre le domande delle parti e in violazione del principio di diritto processuale civile.

La sentenza
Con la pronuncia Cassazione sezione II, 10 luglio 2020, numero 14709 la Corte accoglieva il ricorso della proprietaria, sancendo l'errore commesso dalla Corte d'appello nel pronunciare la decisione impugnata. Se, infatti, la vicenda verte solo sulle modalità di esercizio della servitù di passaggio, allora la sentenza deve unicamente rispondere al quesito inerente a queste, e non andare oltre la volontà delle parti e ampliare il tema, sindacando la stessa esistenza del diritto dedotto in giudizio. Questo principio, chiaramente, vale per tutte le cause civili, nelle quali le parti, in pieno contraddittorio, hanno il diritto di devolvere ai giudici le questioni fattuali e giuridiche da loro ritenute necessarie e utili, senza che il giudice abbia il diritto di ampliare o restringere la propria valutazione d'ufficio.

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