Condominio

Per opporsi all’apertura dell’officina sul retro dello stabile di fine ’800 va provato il danno prodotto

Non si può genericamente appellarsi all’incremento di traffico e al deprezzamento del valore dell’immobile

di Annarita D’Ambrosio

I condòmini di un edificio possono opporsi al trasferimento sul retro del loro stabile di una officina di riparazione auto e moto adducendo motivi di prestigio storico dell’edificio? Risposta negativa nel caso trattato dal Tar Lazio nella sentenza 2988/2022 pubblicata il 16 marzo. Va in particolare prestata attenzione a due aspetti: l’interesse ad agire dei condòmini e l’effettivo valore dell’edicio.

I fatti
A rivolgersi al Tribunale amministrativo alcuni condòmini che agivano contro il titolare di un’officina e contro il legale rappresentante del Comune di Roma per il mancato rispetto del Regolamento di Roma Capitale 47/2018, il cui articolo 11 lettera d) vieta l'apertura, nel centro storico, di «carrozzerie ed autofficine per la riparazione di auto».

Contestava l’interesse ad agire dei ricorrenti ed il valore storico dell’edificio però il titolare dell’esercizio evidenziando la presenza di numerose botteghe al piano su strada, lato ingresso e vie laterali dello stabile, e sottolineando, che l’officina sarebbe stata aperta sul retro dell’edificio, peraltro nei civici in cui per oltre trenta anni vi era già stata analoga attività.

Il danno da comprovare non deve essere mai generico
Il Tar Lazio innanzitutto accoglie l’istanza relativa al difetto di interesse ad agire dei ricorrenti e precisa che quest’ultimo presuppone una lesione dell'interesse sostanziale dedotto in giudizio. In mancanza di ciò, l'azione è inammissibile. Ora, i ricorrenti riferiscono di un generico interesse alla tutela dei valori ambientali e urbanistici tutelati dal regolamento comunale richiamato nel dover sopportare l'apertura di un'officina meccanica nel proprio immobile di fine '800 che risulterebbe deprezzato nel suo valore.

La giurisprudenza amministrativa- ricordano i giudici del Tar - ha in più occasioni chiarito che il pregiudizio non può risolversi nel generico danno che deriverebbe all'ordinato assetto del territorio o alla salubrità dell'ambiente e ad altri valori la cui fruizione potrebbe essere rivendicata da qualsiasi soggetto residente,anche non stabilmente, nella zona interessata dall'intervento. Ciò vale come principio consolidato in materia di titoli commerciali e inizia ad affermarsi anche in materia di titoli edilizi (Consiglio di Stato, 5505/2021; Consiglio di Stato 489/2013).

Conclusioni
Inutile dunque appellarsi al presunto incremento del traffico di veicoli in zona, del movimento di merci e relativi autocarri, dell’aumento dell’inquinamento acustico se non è provato il danno conseguentemente prodotto. Aggiunge il Tar che l’azione per la pretesa tutela del pregio dell’immobile è stata proposta solo da alcuni condòmini e che l’edificio non risulta di notevole valore storico-artistico: non è vincolato e ha avuto sin dalla sua edificazione una destinazione residenziale/commerciale/artigianale. Ricorso dunque respinto.

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