Gli specialiCondominio

Le Guide. Rumori in condominio, da movida o prodotti da altri condòmini: quando si ha diritto al risarcimento

L’azione si ritiene debba essere proposta dal singolo condomino anche se non mancano pronunce che riconoscono all’amministratore il potere di intervenire a tutela dei beni comuni

di Davide Longhi

In condominio, con l'arrivo dell'estate, i dehors di bar, lo street food, i locali e i ristoranti in genere all'aperto ritornano ad essere animati perché le persone hanno l'esigenza di stare all'aperto. Ma per i condòmini che abitano nelle vicinanze e/o che devono convivere con i ristori aperti alla collettività resta da risolvere l'annoso problema del rumore. In questo contesto si definisce il fenomeno urbano e sociale chiamato movida notturna, caratterizzato da un'alta concentrazione di locali e pubblici esercizi in una stessa strada che diviene luogo di ritrovo di avventori che sostano all'interno/all'esterno e in prossimità dei ritrovi sino a tarda ora. Sono proprio questi spazi che sono al centro di controversie tra i residenti/condomini, gli avventori, i gestori dei locali ed enti pubblici.

La tematica del “rumore in condominio” si ripercuote inevitabilmente sull'amministratore condominiale, sulla tranquillità condominiale che viene “lesa” per poi invadere le aule di giustizia dei tribunali; il tutto anche a causa della scarsa informazione dei condòmini, spesso poco attenti alle norme vigenti, al regolamento condominiale ed alle competenze dell'amministratore e dell'assemblea di condominio. La problematica dei rumori in condominio e di come gestirli viene regolata nel nostro ordinamento giuridico dall'articolo 844 Codice civile (norma dispositiva) che dispone: «…Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi…».

Le due tipologie di rumore

Il dato normativo divide il “rumore” in due categorie e precisamente:
a) rumori tollerabili e
b) i rumori intollerabili, vietando, espressamente, solo questi ultimi. Quindi la legge non individua un parametro unitario per valutare la “tollerabilità”, anche se esistono norme speciali ad hoc preposte. La norma non pone un divieto assoluto di immettere/generare rumore, ma si preoccupa solo di assicurare un pacifico godimento della proprietà esclusiva inserita in ambito condominiale con lo scopo finale di preservare/garantire una convivenza pacifica e civile tra gli stessi condòmini, e con il fine ultimo, attraverso l'intervento del giudice, di risolvere i conflitti/contrasti derivanti da usi incompatibili/anomali delle rispettive proprietà, contemperando i diversi interessi coinvolti, tenendo in considerazione sia la salubrità dell'ambiente (unità immobiliari) che la salute dell'individuo (diritto costituzionalmente garantito ex articolo 32 Costituzione).

La norma, proprio per le finalità a cui mira, viene dalla costante giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, interpretata estensivamente con precisazione che la sua elencazione (quella dell'articolo 844 Codice civile) sia da considerarsi solo esemplificativa (sul punto già Cassazione 3889/77).

Valutazione della non tollerabilità della circostanza/evento: la tollerabilità è rappresentata dal limite oltre il quale la stessa immissione diventa illecita. Per la sua determinazione/identificazione occorre considerare i seguenti elementi:
-oggettivo: si deve considerare lo stato dei luoghi, la situazione ambientale, l'attività svolta, l'arco temporale in cui il rumore viene generato, le abitudini dei soggetti interessati;
-la presenza di attività produttive/commerciali (il bilanciamento del duplice interesse: tutela della salute e tutela dall'attività economica).

La valutazione del giudice dovrà considerare anche, come criterio (facoltativo), la cosiddetta priorità di un dato uso di cui all'articolo 844 comma 2 pertanto «il giudice non è obbligato a farvi ricorso quando ritenga superata la soglia di tollerabilità» (Cassazione 9865/2005). Va precisato che, anche in presenza di norme speciali di cui infra (ambiente/acustica) il cui scopo è quello di tutelare gli interessi collettivi e non di disciplinare i rapporti di vicinato (Cassazione 2166/2006), i parametri fissati dalle stesse norme speciali non sono vincolanti per il giudice ai fini dell'identificazione della soglia di tollerabilità anche se sono limiti che dovranno essere presi in considerazione (Cassazione 17281/2005).

Rumori tollerabili possono essere illeciti

Pertanto, è da considerarsi sempre illecita la condotta che vìoli la soglia di tollerabilità dettata dalle norme speciali in materia, diversamente il rispetto della soglia di tollerabilità non determina automaticamente la liceità delle stesse immissioni. La tollerabilità di queste ultime deve essere valutata in concreto e caso per caso, l'accettabilità di dette immissione deve essere valutata alla stregua dell'articolo 844 Codice civile (Cassazione 939/2011 - numero 1418/2006 - numero 20927/2015). Sul punto la giurisprudenza (orientamento risalente e costante) insegna che la normale tollerabilità ha carattere relativo, nel senso che deve essere valutata con riguardo al caso concreto considerando: i luoghi ovvero la destinazione della zona ove sono situati gli immobili se abitativi/industriali/commerciali; le attività volte; lo stile di vita/abitudini delle persone ed infine si deve considerare la “rumorosità basale” tipica e riscontrabile in una data zona, che poi non è altro che quella oggetto di indagine posta al vaglio del giudice (Cassazione Sezioni unite 4848/2013 - numero 2864/2016 - numero 5844/2007 – numero 5695/78).

Il criterio comparativo

A fondamento di quanto sopra indicato, si ricorda che la stessa giurisprudenza negli anni ha modificato la propria opinione passando dall'individuazione di un parametro “oggettivo” di valutazione, che determini l'illegittimità dell'immissione una volta superata la soglia di base, a quello attuale di valutazione dei singoli casi anche in funzione della capacità e reazione dell'uomo e del suo senso di percepire il rumore, e quindi ad un criterio “comparativo”. Detta rumorosità viene definita dal Dpcm 1° marzo 1991 (che disciplina il rumore negli ambienti abitativi-rumorosità di fondo) normativa questa, di natura pubblicistica, che regola il rapporto tra il privato e la pubblica autorità (il primo genera il rumore e la seconda deve vigilare sulle emissioni) e non va ad alterare il ruolo e l'applicazione dell'articolo 844 che continua a disciplinare i rapporti tra privati attraverso l'applicazione del metodo “comparativo” sopra citato (da ultimo Cassazione 10735/2001).

Sul punto risulta essere interessante la decisione della corte Suprema (Cassazione 1025/2018 – Cassazione 2757/2020) che ha confermato la sentenza della Corte di appello di Milano 1205/2013, stabilendo che i condòmini non possano chiedere il risarcimento del danno per inquinamento acustico prodotto dai macchinari della società presente in condominio, in assenza di una misurazione del rumore di fondo effettuata nella fascia oraria in cui si manifesti la violazione dei limiti differenziali.

Contesto condominiale: in questo ambito la valutazione della “tollerabilità” normale e quindi lecita deve tenere conto, caso per caso, sia della peculiarità dei rapporti condominiali, sia delle destinazioni urbanistiche e del regolamento condominiale nonché, in via prioritaria, del primario bene della salute (articolo 32 Costituzione) (Cassazione 8420/2006). La suprema Corte afferma che è pacifico che «… dalla convivenza nell’edificio, tendenzialmente perpetua, scaturisce talvolta la necessità di tollerare propagazioni intollerabili da parte dei proprietari dei fondi vicini; per contro, la stessa convivenza suggerisce di considerare in altre situazioni non tollerabili le immissioni, che i proprietari dei fondi vicini sono tenuti a sopportare…» (Cassazione 20555/2017).

L'articolo 844 non ha avuto “vita facile” in condominio perché detta norma (che ricordiamo disciplina i rapporti tra privati/vicini ed ha natura reale) appare in contrasto con il principio di libertà vigente in ambito condominiale (articolo 1102 Codice civile). Tuttavia, con i vari adattamenti, la norma trova applicazione anche nel condominio (Cassazione 1069/2017) e quindi risulta applicabile tra i condòmini (proprietari individuali e contestualmente “vicini” di altri condòmini con i quali entra in gioco il rapporto di vicinato) a condizione che la disciplina, di cui all'articolo 844 Codice civile, non risulti in contrasto con:
a)le norme dettate in tema di comunione e di condominio;
b)il principio in forza del quale ciascun condomino possa servirsi della cosa comune (articolo 1102 Codice civile).

Il ruolo dell'assemblea di condominio: il regolamento di condominio può:
a)imporre dei divieti/limiti precisi e specifici ai diritti dei singoli condòmini, tra i quali, ad esempio, vietare che le unità immobiliari siano destinate a specifiche attività (scuola di ballo, palestra, ristorante, bar e comunque attività che possano generare rumore), oppure
b)prevede che sono vietate, in via generale in assenza di un divieto espresso, tutte quelle attività che possano arrecare rumore e/o molestia. Ricordiamo che il regolamento di condominio può disciplinare l'uso dei beni comuni in modo che tale utilizzo non possa arrecare pregiudizio alla tranquillità ed al benessere condominiale prevedendo ad esempio, che dopo una certa ora non sia più tollerabile alcun rumore.

Queste regole possono disciplinare, ad esempio, l’orario in cui è permesso utilizzare lavatrici, fare rumori di ristrutturazione e/o organizzare feste. Tali limitazioni possono essere contenute nelle stesso regolamento di condominio ma con la precisazione che quelle di cui alla lettera a) sono norme cosiddette contrattuali (la cui modificazione necessita del consenso della totalità dei condòmini), mentre quella di cui alla lettera b) sono norme regolamentari (la cui modificazione, traducendosi in una semplice modifica del regolamento di condominio, necessita della maggioranza dei presenti che esprimano almeno 500 millesimi anche in seconda convocazione).

Pertanto, il regolamento di condominio può introdurre dei limiti più incisivi/restrittivi rispetto a quelli di cui all'articolo 844 Codice civile, derogando anche in “peggio ” (Tribunale di Milano 5465/2016) rispetto la detta norma, con la conseguenza che le attività che generino rumore in condominio incontrino due limiti:
a) la normale tollerabilità di cui all'articolo 844 Codice civile e,
b) le norme contenute nel regolamento di condominio.

In sintesi, in presenza di una norma regolamentare più incisiva e restrittiva circa le immissioni rumorose, il giudice dovrà decidere non in base al criterio generale di cui all'articolo 844 Codice civile, bensì in base al criterio di valutazione determinato dal regolamento di condominio (Cassazione 4963/2001).La differenza di cui sopra non è di poco conto perché nel caso lettera a) essendo l'attività vietata, a prescindere dalla tollerabilità o meno del rumore, il condomino potrà agire per richiedere la cessazione di tale attività per la presenza del divieto specifico, ricordando in questo caso che sarà necessario dimostrare che il divieto contenuto nel regolamento risulti essere opponibile al condomino.

Mentre nel caso lettera b) non essendo vietata espressamente l'attività, occorrerà preliminarmente dimostrare che alla stessa derivi un rumore non tollerabile o in ogni caso molesto; in quest'ultima ipotesi è necessario preliminarmente svolgere degli accertamenti anche di natura tecnica (le cosiddette rilevazioni anche per il tramite dell'Arpa). È però necessario che, in concreto, l'attività contestata sia idonea a produrre questi pregiudizi, senza ricorrere a interpretazioni di carattere estensivo delle clausole (Cassazione 21307/16).

Quiete e tranquillità condominiale: capita spesso che a lamentarsi del rumore sia un solo condomino oppure una ristretta minoranza di condòmini, in questa ipotesi si dovrà valutare preventivamente se quanto lamentato possa rappresentare una lesione o compromissione del diritto alla tranquillità e/o quiete condominiale, nel senso che il rumore interessi o meno le parti comuni condominiali. Ricordiamo che l'attività che genera rumore può assumere rilevanza sia penale che civile. In relazione alla prima - piano penalistico - la fattispecie incriminatrice che viene in rilievo è quella dell'articolo 659 Codice penale per cui risponde del reato di disturbo del riposo delle persone, il soggetto (condomino o non) la cui condotta disturbante sia tale da arrecare danno ad un gruppo indeterminato di persone e non solo a un singolo, anche raccolte in un ambito ristretto, come in un condominio (Cassazione 3952/2022).

Questo non significa che in un condominio i rumori molesti debbano essere avvertiti dall’intero stabile condominiale (totalità dei condòmini), ma devono comunque essere idonei a disturbare la maggioranza dei condòmini e le loro parti comuni, e quindi è necessario considerare come elemento di fatto «…la capacità del fenomeno disturbante di propagarsi nell’ambito di un intero edificio…» (Cassazione 23529/2014 e 30156/2017). In relazione alla seconda - piano civilistico - sussiste sempre ai fini della cessazione del rumore molesto e del risarcimento del danno, ogni qualvolta ricorra la fattispecie penale ma anche quando non si tratta di reato: infatti in quest'ultimo caso si potrà agire in sede civile per il risarcimento del danno provando che ricorra una situazione fattuale diversa, di oggettiva e concreta idoneità dei rumori ad arrecare disturbo ad una parte notevole degli occupanti del medesimo edificio condominiale.

Ricordiamo che da pochi anni, inoltre, è entrata in vigore la normativa anti-stalking (articolo 659 comma 1 Codice penale) la quale potrebbe essere invocata anche in ambito condominiale, al fine di tutelare la vittima di rumori realmente ingestibili e perpetuati con intento persecutorio (ordinanza di misura cautelare del 10 dicembre 2012, il Tribunale Milano, Ufficio Gip). Tale norma troverebbe applicazione ogni qualvolta si generi, anche per un solo condomino, una situazione di inquietudine tale da compromettere il quadro psicologico della vittima o da stravolgere le sue normali abitudini di vita (ad esempio il condomino rincasa solo accompagnato per paura di incontrare il vicino molestatore).

Il ruolo dell'amministratore di condominio: in presenza del rumore l'amministratore risulta essere il primo soggetto destinatario delle lamentele. L'amministratore di condominio dovrà valutare ed accertare se il rumore lamentato sia avvertito come disturbo dalla maggioranza dei condòmini e quindi interessi le parti comuni del condominio (in relazione alla collaborazione tra mandante/condomini e mandatario/amministratore). Per fare ciò potrà inviare una specifica informativa sottoforma di referendum condominiale per richiedere ai condòmini se gli stessi siano molestati dal rumore e se la molestia incida sulle parti comuni.

Invece, in presenza di specifica regolamentazione prevista nel regolamento di condominio, la violazione di quest'ultimo dà titolo all’amministratore per agire in giudizio al fine di ottenerne il rispetto dello stesso (Tribunale Milano 11944/2015) e quindi richiedere la cessazione del rumore ed il risarcimento del danno. Prima di agire è consigliato diffidare il soggetto invitandolo a cessare l'attività incriminata che genera rumore. Inoltre, lo stesso amministratore potrà fare una mera segnalazione scritta alla pubblica autorità (polizia locale e/o Arpa) laddove il rumore sia avvertito dalla maggioranza o pluralità dei condòmini e possa avere una rilevanza penale.

A questo punto, in condominio capita spesso che nessun condomino voglia agire in prima persona, così si pensa di dare mandato all'amministratore affinché incarichi un avvocato per agire in rappresentanza del condominio contro il responsabile. Ma la domanda sorge spontanea: l'amministratore può agire contro il condomino rumoroso? Il problema della legittimazione dell’amministratore di condominio è affrontata dall’articolo 1131 Codice civile «…nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 Codice civile o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condòmini sia contro i terzi…».

Secondo la legge, sotto il profilo della legittimazione attiva, l’amministratore può sempre agire per la tutela di beni e cose di proprietà condominiale, nei confronti di condòmini o di terzi estranei: ciò che conta è che il bene da tutelare abbia natura condominiale, cioè rientri tra le parti comuni dell’edificio.Chiarito ciò, la risposta alla domanda è negativa perché l'azione contro i rumori molesti può essere esercitata solo dal proprietario dell'appartamento molestato (Tribunale Roma sentenza 243/20 che ha affermato che l'azione ex articolo 844 Codice civile contro le immissioni sonore moleste ha natura reale), tant'è che il danneggiato potrà agire in giudizio per ottenere l’inibitoria, ossia la cessazione del comportamento lesivo, oltre al risarcimento del danno. Quanto sopra sia che il rumore provenga dall'interno del condominio (generato da un condomino) sia che provenga da un soggetto terzo estraneo al condominio (gestore di un'attività contigua al condominio).

Già in precedenza (Tribunale Napoli sentenza del 27 ottobre 1993) era stato affermato che il condominio non è legittimato a proporre la domanda di tutela in via cautelare (ex articolo 669 e 700 Codice procedura civile) del diritto alla salute dei condòmini anche in presenza di una delibera condominiale autorizzativa in tal senso. La giustificazione a questa posizione deriva dal fatto che il condominio quale ente di gestione, sfornito di personalità giuridica, non è titolare del diritto alla salute né titolare di diritti reali sull’immobile che sono di competenza dei singoli condòmini.Per completezza si segnala che la giurisprudenza di merito (espressamente Tribunale Reggio Emilia, 21 marzo 2019, numero 409) ritiene che l'amministratore sia legittimato ad agire per ottenere la sola cessazione del rumore molesto quando la stessa azione possa configurarsi come azione conservativa a tutela delle parti comuni (far cessare il rumore nelle parti comuni oltre al risarcimento del danno), ma non potrà in ogni caso agire per richiedere il risarcimento del danno di spettanza dei singoli condòmini (salvo che non gli sia stato conferito uno specifico mandato speciale dal singolo condomino).

Il rumore della movida - la responsabilità del gestore: queste condotte sono illecite allorquando superino la soglia della normale tollerabilità, sino a sfociare in un reato vero e proprio quando si tramutino in ciò che si suole chiamare «disturbo della quiete/tranquillità pubblica». Il titolare dell'esercizio rumoroso potrà essere condannato solo quando il rumore non sia limitato agli appartamenti vicini alla sorgente rumorosa o ai condòmini degli appartamenti sovrastanti/sottostanti la fonte di rumore ma assuma rilevanza collettiva (una sentenza Cassazione 33708/20 ha ribadito che bastano anche solo tre condòmini disturbati per far scattare il reato di rumori molesti).

Sul gestore del locale grava una posizione di garanzia (articolo 40 Codice penale) da cui deriva l’obbligo di impedire schiamazzi e rumori intollerabili prodotti dagli avventori del locale. Il gestore pertanto deve adottare le misure di prevenzione che devono contrastare e prevenire la lesione della tranquillità pubblica.

Il Comune e la responsabilità della pubblica amministrazione: recentemente la Cassazione (Cassazione 14209/23) ha confermato che se il Comune non riesce a limitare l'inquinamento acustico causato dalla movida deve risarcirne i danni ai cittadini. Questo perché il Comune, quale ente pubblico è il soggetto competente a regolamentare gli orari degli esercizi, ed è direttamente responsabile dell'inquinamento acustico causato dai locali notturni e dalla loro clientela. Questo perché la fonte del rumore “movida” avviene nell'ambito di una strada pubblica (che fa parte del demanio e sotto gestione dell'ente pubblico territoriale).

Il Tribunale di Torino (sentenza 1261 del 13 marzo 2021) ha condannato il Comune per la lesione del loro diritto al riposo, al sonno, al tranquillo svolgimento delle attività e al godimento dell'habitat domestico.Pertanto, colui che risulti essere danneggiato dal rumore della movida potrà agire sia contro il gestore del locale che contro il Comune al fine di chiedere:
a) la cessazione del rumore e riportare le immissioni nocive al di sotto della soglia di tollerabilità;
b) il risarcimento del danno.

Suggerimenti operativi per l'amministratore di condominio:
1)la fonte del rumore è di provenienza condominiale e interessa le parti comuni:a.l'amministratore dovrà inviare una preventiva diffida;b.successivamente il condominio potrà agire, azione conservativa, contro il condomino rumoroso (verificata la non tollerabilità del rumore) in sede civile per richiederne la cessazione ed il risarcimento del danno e procedere ad una mera segnalazione alla pubblica autorità nell'ipotesi che il rumore possa avere rilevanza penale;
2)la fonte del rumore è di provenienza condominiale e non interessa le parti comuni ma interessa solo le unità abitative dei singoli condòmini:a.l'amministratore potrà inviare una preventiva diffida nell'ambito di un rapporto di collaborazione tra lo stesso ed in singoli condomini;b.successivamente il condominio non potrà agire contro il condomino rumoroso, azione la cui legittimazione è di spettanza e titolarità dei singoli condòmini danneggiati che potranno agire sia in sede civile che in sede penale; c.l'amministratore in questa ipotesi potrà informare/illustrare ai condòmini la circostanza suggerendo loro le azioni da intraprendere;
3)la fonte del rumore è espressione di una violazione del regolamento di condominio:a.l'amministratore dovrà inviare una preventiva diffida richiedendo la cessazione della violazione del regolamento di condominio;b.successivamente il condominio potrà agire per far rispettare il regolamento di condominio e quindi chiedere la cessione della condotta rumorosa oltre al risarcimento del danno;
4)la fonte del rumore è di provenienza esterna al condominio (gestore di un locale - movida in strada) e interessa le parti comuni: a.l'amministratore dovrà inviare una preventiva diffida al gestore;b.successivamente il condominio potrà agire, azione conservativa, contro il gestore ed il Comune (verifica la non tollerabilità del rumore) in sede civile per richiederne la cessazione ed il risarcimento del danno e procedere ad una segnalazione alla pubblica autorità nell'ipotesi in cui il rumore possa avere rilevanza penale;
5)la fonte del rumore è di provenienza esterna al condominio (gestore di un locale - movida in strada) ma non interessa le parti comuni bensì solo le unità abitative dei singoli condòmini:a.l'amministratore potrà inviare una preventiva diffida nell'ambito di un rapporto di collaborazione tra lo stesso ed in singoli condomini;b.successivamente il condominio non potrà agire contro il gestore ed il Comune, azione la cui legittimazione è di spettanza e titolarità dei soli singoli condòmini danneggiati che potranno agire sia in sede civile che in sede penale; c.l'amministratore in questa ipotesi potrà informare/illustrare ai condòmini la circostanza suggerendo loro le azioni da intraprendere.

Inquadramento normativo:
NORMATIVA NAZIONALE- Regio Decreto 1398 del 19 ottobre 1930
- Approvazione del testo definitivo del Codice penale (in particolare articolo 659).
- Regio Decreto 262 del 16 marzo 1942
- Approvazione del Codice civile (in particolare articolo 844).
- decreto ministeriale 1444/68 (in particolare articolo 2)
- Dpcm 1°marzo 1991 - Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno
- Dlgs 285 del 30aprile 1992
- Nuovo Codice della Strada (in particolare articoli 155 e 156)
- Dpr 495 del 16 dicembre 1992
- Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada (in particolare articolo 350)
- Legge 447 del 26 ottobre 1995
- Legge quadro sull’inquinamento acustico
- decreto ministeriale dell’ 11 dicembre 1996
- Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo
- decreto ministeriale del 31 ottobre 1997
- Metodologia di misura del rumore aeroportuale- Dpcm del 14 novembre 1997
- Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore- Dpcm 05 dicembre 1997
- Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici - Dpr 496 11 dicembre 1997
- Regolamento recante norme per la riduzione dell’inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili- Dm 16 marzo 1998 - Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico
- Dpcm 31 marzo 1998 - Atto di indirizzo e coordinamento recante criteri generali per l’esercizio dell’attività del tecnico competente in acustica, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera b), e dell’articolo 2, commi 6, 7 e 8 della legge 26 ottobre 1995, numero 447 Legge quadro sull’inquinamento acustico
- Dpr 459 del 18 novembre 1998 - Regolamento recante norme di esecuzione dell’articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, numero 447, in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario
- Dpcm 215 del 16 aprile 1999 - Regolamento recante norme per la determinazione dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo e nei pubblici esercizi
- Dm del 20 maggio 1999 - Criteri per la progettazione dei sistemi di monitoraggio per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimità degli aeroporti nonché criteri per la classificazione degli aeroporti in relazione al livello di inquinamento acustico
- Dm del 3 dicembre 1999 -Procedure antirumore e zone di rispetto negli aeroporti
- Dm del 29 novembre 2000 - Criteri per la predisposizione, da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore
- Dpr 304 del 03 aprile 2001 - Regolamento recante disciplina delle emissioni sonore prodotte nello svolgimento delle attività motoristiche, a norma dell’articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, numero 447
- Dlgs 262 del 04 settembre 2002 - Attuazione della direttiva 2000/14/CE concernente l’emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all’aperto
- Regolamento per la disciplina delle emissioni sonore prodotte dalle infrastrutture stradali (Già approvato ed in corso di pubblicazione).

NORMATIVA DELLA REGIONE LOMBARDIA- Dgr Delibera giunta regionale 5/37724 del 25 giugno 1993 - Approvazione del documento «Linee guida per la zonizzazione acustica del territorio comunale»
- Dgr 6/8945 del 09 febbraio 1996 - Articolo 2, commi 6, 7 e 8 della legge 26 ottobre 1995 numero 447, Legge quadro sull’inquinamento acustico. Modalità di presentazione delle domande per svolgere l’attività di tecnico competente nel campo dell’acustica ambientale
- Dgr 6/13195 del 17 maggio 1996 e successive modificazioni- Articolo 2, commi 6, 7 e 8 della legge 26 ottobre 1995, Legge quadro sull’inquinamento acustico. Procedure relative alla valutazione delle domande presentate per lo svolgimento dell’attività di “tecnico competente” in acustica ambientale
- Regolamento regionale numero 1 del 21 gennaio 2000 - Regolamento per l’applicazione dell’articolo 2, commi 6, 7 e 8, della legge 26 ottobre 1995, numero 447 Legge quadro sull’inquinamento acustico
- Bollettino ufficiale Regione Lombardia numero 31 Edizione Speciale del 30 luglio 2001 - Linee guida per l’isolamento acustico degli edifici nell’intorno degli aeroporti
- Legge regionale 13 del 10 agosto 2001 - Norme in materia di inquinamento acustico
- Dgr 7/6906 del 16 novembre 2001 - Criteri di redazione del piano di risanamento acustico delle imprese da presentarsi ai sensi della legge 447/1995 Legge quadro sull’inquinamento acustico, articolo 15, comma 2, e della legge regionale 10 agosto 2001 numero 13 «Norme in materia di inquinamento acustico», articolo 10, comma 1 e comma 2
- Dgr 7/8313 del 08 marzo 2002 - Legge 447/1995 Legge quadro sull’inquinamento acustico e legge regionale 10 agosto 2001, numero 13 Norme in materia di inquinamento acustico Approvazione del documento «Modalità e criteri di redazione della documentazione di previsione di impatto acustico e di valutazione previsionale di clima acustico»
- Dgr 7/9776 del 12 luglio 2002 - legge 447/1995 Legge quadro sull’inquinamento acustico e legge regionale 10 agosto 2001, numero 13 Norme in materia di inquinamento acustico. Approvazione del documento «Criteri tecnici di dettaglio per la redazione della classificazione acustica del territori comunale»
- Dgr del 04 ottobre 2002 - Approvazione dello schema di Convenzione tra la Regione Lombardia e l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente per la realizzazione degli interventi denominati «Presidio tecnico regionale rumore aeroportuale» e «Predisposizione delle curve di isolivello per Linate, Malpensa, Orio al Serio», nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro in materia di Ambiente ed Energia sottoscritto il 2 febbraio 2001
- Dgr 7/11582 del 13 dicembre 2002 . Legge 447/1995 Legge quadro sull’inquinamento acustico e legge regionale 10 agosto 2001, numero 13 Norme in materia di inquinamento acustico. Approvazione del documento Linee guida per la redazione della relazione biennale sullo stato acustico del Comune.